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Ranieri Guerra (Direttore Generale Oms): «Tamponi rapidi, è fondamentale il ruolo della medicina territoriale. I medici convenzionati sono i grandi assenti»

I medici di famiglia finora sono rimasti per lo più fuori dalla risposta territoriale al coronavirus, tranne ovviamente eccezioni che spesso purtroppo li hanno visti anche tra i contagiati. Le cose devono cambiare, non ci si può sottrarre alla responsabilità di fare i tamponi rapidi per contribuire, ad esempio, a distinguere tra pazienti sintomatici influenzati e con Covid-19. È la riflessione di Ranieri Guerra direttore generale aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità intervistato da Doctor33 sull’impennata della pandemia da Covid-19.

Guerra premette che tutto il mondo medico ha svolto un lavoro encomiabile nel picco pandemico, ma «in questa fase di contenimento medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta sono grandi assenti», dice Guerra. «Avrebbero un ruolo fondamentale nel tracciamento e nella sorveglianza domiciliare da predisporre in accordo con i dipartimenti di prevenzione Asl. Conoscono i loro assistiti e potrebbero intervenire anche se hanno strumenti più semplici di quelli a disposizione di Asl e Ospedali. Non è pensabile possano rimanere assenti da una risposta di sistema».

L’assenza «deriva da una ipotesi di sindacalizzazione della performance richiesta, che può essere tranquillamente superata da accordi convenzionali regionali e locali su una linea impostata dallo stato. Sono certo che l’inclusione avverrà in breve tempo. Non si può pensare di tenere la medicina generale fuori dalla risposta. La capacità e la competenza di un medico di famiglia dotato di test rapido sono fondamentali per contribuire ad un “contact tracing” sempre più intenso che eviti l’affollamento dei pronto soccorso che purtroppo stiamo già vedendo. Con l’incombente epidemia influenzale avremo i Ps intasati sia da pazienti Covid sia da pazienti influenzati con conseguente difficoltà di stabilire chi deve andare in un percorso protetto e chi può essere seguito diversamente».

Tra i temi cruciali c’è il rischio che l’onda di ritorno della pandemia e la relativa emergenza impattino sulla salute fisica e mentale degli italiani. «Il lock-down influenza le condizioni delle persone depresse amplificando il senso di solitudine e di abbandono. E colpisce gli adolescenti cui, con l’eventuale chiusura delle scuole, vengono a mancare esperienze di socializzazione. Servono psicologi, anche da contattare online, ma è un palliativo: la letteratura ci dice che le chiusure potrebbero aggravare una situazione già tesa e vulnerabilità». Sul fronte delle cronicità, «la digitalizzazione è priorità del servizio sanitario nazionale; abbiamo una tecnologia molto matura da mettere a sistema, ed è sorprendente vedere come in Italia siamo tuttora ancorati alla proposta di nuovi progetti quando invece idee e tecnologie sono ben sperimentale e la gente è in grado di capire che in pandemia la visita online è un completamento in sicurezza della prestazione sanitaria».

Guerra, che ha lavorato anche come consulente del Ministero della Salute, offre poi un giudizio su come potrebbe evolvere il modello delle cure nei servizi sanitari nazionali e afferma che pure in Italia, «al di là delle dichiarazioni il pilastro della prevenzione, fondamentale solo 25 anni fa, è stato indebolito progressivamente.

Si può rimediare. «Siamo l’ultimo grande sistema sanitario universalistico ed abbiamo un patrimonio di dati sui quali lavorare. Da parte del Ministero della Salute ho visto tentativi di inversione di rotta. È importante non disperdere questo tipo di attenzione, e – tenuto conto del cambiamento demografico della popolazione – orientare investimenti più sulla mitigazione del rischio che su interventi per patologie per cui non c’è più niente da fare».

Infine, un cenno al ruolo di collante sociale rivestito dal Ssn: «È importantissimo fare educazione sanitaria al cittadino. È negativo che tuttora non si gestisca un’intensa e pervasiva comunicazione istituzionale sui temi di salute. Nei social si evidenzia una forte disinformazione, e senza un intervento gli spazi poi vengono occupati dai ciarlatani e da chi non ha un’etica della comunicazione».

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