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Per raggiungere la pace serve allargare gli orizzonti | L’analisi di Agostino Giovagnoli

Il cardinale Matteo Maria Zuppi è in missione di pace in Cina, «la prima volta» scrive l’editorialista Agostino Giovagnoli su Avvenire «che un cardinale, inviato dal Papa, viene ricevuto a Pechino da rappresentanti della Repubblica popolare cinese per trattare di politica internazionale. Diversi cardinali e vescovi sono andati in Cina a partire dal 1980, ma sempre per parlare della Chiesa cattolica cinese o delle relazioni sino-vaticane. Il cardinale Zuppi andrà invece per parlare della guerra in Ucraina».

«La missione di Zuppi si inserisce dunque in quest’opera costante della Santa Sede e, in particolare, si collega all’instancabile volontà di Francesco – malgrado ostacoli e opposizioni – di non lasciare nulla di intentato per creare un’atmosfera favorevole alla fine della guerra in Ucraina. È naturale che, dopo gli Stati Uniti, Zuppi si rechi anche in Cina (e forse in futuro ci saranno altre tappe). C’è anche un altro importante motivo per andare a Pechino» fa notare Giovagnoli «la diplomazia internazionale ha osservato una “convergenza” tra Santa Sede e Cina – pur con motivazioni molto diverse – sulla guerra in Ucraina: entrambe sono politicamente imparziali – non propendono cioè per la vittoria dell’una o dell’altra –, giudicano negativamente il conflitto in corso (con il Papa che ha sempre condannato l’aggressione militare da parte della Russia) e sperano che finisca al più presto. Entrambe sono perciò disponibili a collaborare ad iniziative di pace».

«Alcuni segni mostrano che non si tratta di speculazioni astratte: le autorità cinesi hanno seguito con molta attenzione il viaggio di Francesco in Mongolia e i suoi riferimenti alla Cina e in modo del tutto inusuale la televisione cinese ha trasmesso un breve filmato con le parole del Papa sui rapporti con la Cina. Tale singolare “convergenza” conferma quanto sia importante perseguire il dialogo anche con interlocutori lontani e mostra che oggi, mentre gli equilibri mondiali stanno cambiando profondamente, sponde per la pace possono trovarsi anche dove non ci si aspetta. Le forme tradizionali della cooperazione multilaterale» conclude «sono in crisi ed è urgente cercare nuove forme di multilateralismo per arginare la tendenza devastante a utilizzare la guerra quale strumento abituale di risoluzione dei conflitti».

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