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Andrea Orlando, ex ministro del Lavoro: “Sul salario minimo mi auguro un’iniziativa comune dell’opposizione”

La condizione salariale di parte della forza lavoro «è inaccettabile». Lo dice il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in una intervista al quotidiano La Stampa. «Mi auguro ci sia un’iniziativa comune, il salario minimo è uno strumento essenziale in questa fase. La crisi salariale che conosciamo da tempo è diventata un dramma con la crescita dell’inflazione, il lavoro povero che prima riguardava il 12% della forza lavoro è cresciuto ulteriormente».

Queste circostanze significano «veder crescere il malessere sociale e si continua ad alimentare un esodo di giovani verso altri Paesi. Ma questa proposta è anche un grimaldello importante per scardinare l’impianto proposto dal governo, quello di una competizione basata su bassi investimenti in ricerca e innovazione, bassi salari, tolleranza verso il nero. Una ricetta da paese arretrato, di “svalutazione competitiva del lavoro”, non all’altezza del ruolo del nostro paese».

«Nel governo Draghi c’era l’opposizione nota delle forze di centrodestra presenti in maggioranza» ricorda l’ex ministro dem «e almeno la freddezza di Iv. Draghi aveva aperto, a patto che ci fosse accordo tra le forze sociali. Ma una parte del sindacato e una parte importante degli imprenditori avevano contrastato l’idea. Il punto equilibrio più avanzato, per cui mi sono battuto anche con l’istituzione di una commissione sul lavoro povero, era l’estensione del trattamento dei contratti maggiormente rappresentativi a tutti i lavoratori del settore».

«Nei giorni della crisi si sarebbe dovuto fare un ulteriore passaggio con le forze sociali. Io credo che quel compromesso» sottolinea Orlando «avrebbe aperto la via ad una legge sulla rappresentanza. Un altro strumento di cui abbiamo assoluto bisogno. Il governo cadde per le ragioni che sappiamo e il confronto non trovò nessun esito concreto. Comunque, adesso l’importante è un’iniziativa comune favorendo un testo condiviso tra le opposizioni. Vogliamo portare a casa il risultato non piantare delle bandierine».

«La delega fiscale mette in discussione la progressività, favorisce le fasce di reddito ricche» spiega l’esponente Pd «e istituzionalizza e rende accettabili forme di evasione. Un sistema fiscale con elementi di carattere corporativo, possiamo dire: tratto il reddito in funzione della sua origine. Del resto, già oggi nella legge di bilancio un dipendente è tassato diversamente da un autonomo. Anziché costruire un patto fiscale, per incoraggiare chi investe, chi fa ricerca, chi vuole crescere, si dice: vi rompo un po’ meno le scatole, ognuno faccia come gli pare. Questo è un modo per mantenere un pezzo di economia in una condizione di bassa produttività e quindi bassi salari. È il riflesso di una rassegnazione all’esistente».

«Proprio come la rinuncia alla transizione energetica ed ambientale in atto. Faremo opposizione dura perché riteniamo che questa riforma non corrisponda all’interesse generale del Paese. Strizzano l’occhio al “nero”, si spiega anche così la crociata contro il reddito di cittadinanza: ha fatto concorrenza ai salari più bassi». Quanto alle prossime nomine nelle aziende partecipate secondo Orlando «il ragionamento dovrebbe essere legare questa ondata di nomine a una riflessione sulle politiche industriali che si vogliono mettere in campo. Sarebbe stata necessità stringente anche in passato, ma oggi ancora di più. È in discussione un modello di sviluppo sia a livello globale e nazionale».

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