“Era un atto dovuto, un provvedimento su cui si è soffermata la Corte dei Conti, che sottintendeva anche un possibile danno erariale per la mancata adozione dei criteri induttivi, sospesi dal 2018, utilizzabili per il redditometro”. Lo afferma in un’intervista al Corriere della Sera, Maurizio Leo, viceministro dell’Economia con la delega sul Fisco, spiegando la decisione di resuscitare il redditometro che ha mandato su tutte le furie la Lega e Forza Italia.
“Intendiamoci, è soltanto un decreto attuativo previsto da una norma di legge, che rende il redditometro uno strumento diverso, che viene incontro ai contribuenti onesti. Noi e tutto il centrodestra restiamo contrari al vecchio redditometro che penalizzava i contribuenti”. Quanto alle critiche dell’opposizione “trovo quanto meno curioso che ci accusino un giorno di aiutare gli evasori e il giorno dopo di colpirli”.
“Questo decreto, atteso dal 2018, dà certezze ai cittadini onesti. Si prevede un doppio contraddittorio tra il Fisco e il contribuente. Anche prima che inizi l’accertamento, a differenza di quanto avveniva in passato. Poi si specificano i criteri da usare per determinare le spese quando mancano i dati puntuali nelle banche dati. Sono dei paletti importanti alle iniziative di accertamento dell’Agenzia delle Entrate. Si prevede, poi, che negli accertamenti si tenga conto del nucleo familiare. Se una signora ha un’auto di gran lusso e il marito ha redditi milionari, il possesso dell’auto è giustificato e l’accertamento non scatta”, spiega Leo.
“Oggi non sono più possibili gli accertamenti sulle dichiarazioni dei redditi degli anni 2016 e 2017. Si possono fare gli accertamenti sintetici a partire dalle dichiarazioni dei redditi del 2018, ma due anni li abbiamo persi”, annuncia.