Il nuovo Rapporto Lavoro della CISL conferma un andamento positivo del mercato del lavoro: nel IV trimestre 2024 gli occupati sono saliti a 24.037.000, con un ulteriore aumento a gennaio 2025 che porta il totale a 24.222.000 unità. Si tratta di quasi un milione di occupati in più rispetto al periodo pre-Covid.
In parallelo, cala la quota di lavoro a termine: dal picco del 17,4% nel secondo trimestre 2022, oggi la percentuale è scesa sotto il 15%. I lavoratori a termine sono diminuiti di 539.000 unità (da 3.185.000 a 2.646.000), mentre l’occupazione complessiva è cresciuta di 784.000 unità nello stesso arco temporale.
“Questi dati dimostrano che l’occupazione non solo cresce, ma migliora anche in termini di stabilità”, commenta Mattia Pirulli, segretario confederale CISL. “È una tendenza positiva che va riconosciuta, ma non ci si può fermare qui: la vera urgenza è affrontare il tema dell’inattività, soprattutto tra giovani e donne, e le difficoltà strutturali del nostro sistema produttivo”.
Pirulli sottolinea come le principali criticità del mercato del lavoro italiano non derivano tanto dalla normativa sulla temporaneità, quanto da fattori di lungo periodo: “Troppi giovani tra i 25 e i 34 anni restano fuori dal lavoro perché non hanno qualifiche adeguate. Le donne, invece, si scontrano con la gestione dei carichi familiari e servizi insufficienti, che rendono sconveniente la scelta di lavorare. E tanto le imprese segnalano che una assunzione su due è difficile da realizzare per mancanza di candidati”.
La CISL propone una strategia articolata: attrarre investimenti, soprattutto al Sud, anche utilizzando al meglio le risorse del PNRR, potenziare i servizi alla persona, rafforzare l’apprendistato con l’esonero contributivo al 100%, contrastare l’abbandono scolastico, migliorare l’orientamento, la formazione tecnica e professionale e la piattaforma SIISL per facilitare l’incontro tra domanda e offerta.
“Se non coinvolgiamo pienamente donne e giovani nel mondo del lavoro” – conclude Pirulli – “mettiamo a rischio la crescita del Paese. Non è più solo un problema sociale: è un freno concreto allo sviluppo economico e alla competitività delle nostre imprese”.