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Maria Grazia Enardu (esperta Relazioni Internazionali): «La guerra in Ucraina: la trappola dell’orso e il canto dell’usignolo»

Sei mesi di guerra e ci sono punti fermi che creano solo instabilità ulteriore. È la guerra di Putin, il disastro di Putin, sarà il collasso di Putin. Si è circondato, nel tempo, di una falange che fa soldi in cambio di ubbidienza, gli hanno raccontato la favola del crollo dell’Ucraina in tre giorni e invece l’Ucraina è resuscitata. Le cause profonde sono nella storia, però Putin voleva forzarla al solo scopo di consolidare il proprio potere personale, che sentiva fragile. Tutti i regimi scricchiolano, prima o poi. La feroce volontà di resistenza degli ucraini ha pesato molto, assieme agli aiuti occidentali, più o meno efficienti, alle sanzioni etc. Diciamo anche che Putin non ha avuto fortuna ma a quel livello di leadership non se ne ha. Ha definito i suoi militari incapaci e traditori ma non li ha fucilati, non può.

Di sicuro rimpiange Stalin ma gli ricordiamo che la Grande Guerra Patriottica non è andata come la raccontano in Russia, l’argomento è tabù assoluto. L’uomo che ha assistito esterrefatto al crollo del muro di Berlino nel 1989, dell’Urss nel dicembre 1991 e che ha appena seppellito l’odiato Gorbachev è divenuto la causa ultima del disfacimento della Russia, in tempi e modi che purtroppo vedremo. Golpe, infarto, improbabili fughe, patetico pensionamento? L’orso russo si è messo in trappola e va tirato fuori. Nessuno, dentro e fuori la Russia, può pensare senza perdere la ragione all’ipotesi estrema e quindi possibile: la balcanizzazione di 9 fusi orari, nucleari. Più tutti i paesi intorno. Putin è finito ma in Russia non ci sono istituzioni per il passaggio del potere, lo ha chi lo prende, e non sarà più unico.
 
Zelensky ha fatto di recente un breve e chiaro discorso, ai russi: pensate ancora che siamo una sola nazione? Pensate che sceglieremmo voi al posto di guerra, fame, distruzione? Mai e poi mai. Ora, l’esercito russo, anzi quel che ne rimane nonostante abbiano aperto le galere, è in rotta, gli ucraini rischiano di invadere pezzi di Russia. Putin non vuole cedere, non può, spera nell’inverno (!), nell’errore di qualcuno, e se le colombe russe sono ammutolite o in fuga, ora teme i falchi, che lo accusano di aver fatto male la guerra.

Per ineffabile ironia, se l’orso è l’animale simbolo della Russia, l’usignolo è ucraino. Tutto il contrario degli altri simboli nazionali, grossi predatori di terra o aquile furibonde. L’usignolo è capace di un canto complesso, è la “voce degli dei”, rappresenta la casa, la primavera, la rinascita. Non pare certo bellicoso ma sta facendo impazzire l’orso Putin. Vanno separati, presto e pure con barriere acustiche.

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