Un bel ceffone alla Nato. Ma anche, sia pure di striscio, all’Europa. Questo – scrive sul Corriere della Sera Paolo Mieli – è stato il senso del viaggio che ha portato il Presidente cinese Xi Jinping a Parigi, Belgrado e adesso a Budapest. La parte meno prevedibile è stata quella che si è svolta al cospetto di Emmanuel Macron (e di un’innervosita Ursula von der Leyen). A Xi Jinping sarebbe costato infatti pochissimo trovare qualche espressione per augurarsi che in Ucraina si giunga in tempi rapidi ad un accordo di pace con soddisfazione di entrambi i contendenti (aggressore e aggredito). Invece, niente.
A Belgrado Xi ha partecipato alla cerimonia commemorativa per i venticinque anni dai bombardamenti Nato sulla Serbia di Milosevic. Bombardamenti in cui fu colpita (per sbaglio, con tanto di immediate scuse) l’ambasciata di Pechino provocando la morte di tre giornalisti cinesi. L’errore ci fu, ma il leader cinese ha sostenuto che, all’epoca, la sede diplomatica fu colpita «deliberatamente» e ha pronunciato nei confronti dell’Alleanza atlantica minacce neanche tanto velate.
Terza tappa, oggi e domani, nell’Ungheria di Viktor Orbán che fa parte dell’Alleanza di cui si è detto, oltreché dell’Unione europea. Al termine di queste «visite», Xi Jinping ha annunciato che incontrerà Putin e con lui, si presume, tirerà le somme del fruttuoso viaggio. L’Europa queste somme le può trarre già ora. Per la Cina la Ue è insignificante sotto il profilo strategico; può prendere peso, agli occhi di Pechino, solo e se decide di intralciare in qualche modo gli Stati Uniti (e favorire l’ascesa del rivale di Trump); nei confronti di chi si mette su questa strada il partner asiatico è disposto a spendere e far fare affari.