Va bene che non c’è nulla di più inedito dell’edito, ma con i numeri dello Stato si sta esagerando. Il Conto Generale del patrimonio della Repubblica Italiana è pubblico, accessibile a 60 milioni di cittadini, ma sono pochissimi coloro che si sono spinti in quel viaggio in fondo alla notte che è la lettura del bilancio consuntivo statale. Chi lo fa può scoprire l’incredibile: uno dei volumi più importanti della finanza pubblica presenta numeri di un’azienda prossima al default.
A scorrere le 1.200 pagine del Conto Generale, scrive MF-Milano Finanza, il dubbio in effetti viene subito, dopo un pugno di righe freddamente burocratiche, esattamente a pagina 13: lo Stato italiano a fine 2021 presentava attivi per 1.001 miliardi di euro e passività per 3.434 miliardi per uno sbilancio patrimoniale di 2.433 miliardi. Si tratta dell’ultimo esercizio in vigore, peraltro in peggioramento rispetto al 2020 per la bellezza di 217 miliardi. Se fosse un’azienda privata (un grande banchiere leggendo quelle cifre è sbiancato), da cui chi governa pretende sempre rettitudine fiscale e contabile, lo Stato italiano, a leggere solo queste pagine, da tempo non avrebbe più la possibilità di accedere al credito bancario né di approvvigionarsi al canale finanziario né di ottenere alcuna agevolazione, con il logico risultato di dichiarare fallimento.
Il ruolo delle agenzie di rating
Dal 25 settembre, giorno in cui Fratelli d’Italia col centrodestra ha vinto le elezioni, le agenzie di rating hanno fatto capire che aria tira e sparato ad alzo zero sulla nuova maggioranza. Moody’s si è spinta più in là annunciando un possibile downgrade dell’Italia a livello spazzatura se il prossimo esecutivo non sarà in grado di sostenere la crescita ora che mezzo mondo è a un passo dalla recessione. Il nocciolo della questione è il debito pubblico e la necessità di tagliarlo, come da tempo questo giornale sostiene (www.milanofinanza.it/tagliadebito) assieme a banchieri autorevoli quali Carlo Messina, ceo di Intesa.
La parola ‘debito’ o ‘indebitamento’ compare infatti ben 46 volte nel criticatissimo comunicato che Moody’s ha pubblicato nei giorni scorsi sull’Italia, rilasciato peraltro a borsa aperta, lasciando attonita persino la Consob, guidata da un uomo dei numeri come Paolo Savona. Nel caso dell’Italia per Moody’s su tutto fa premio ‘l’elevato debito pubblico che aumenta la vulnerabilita’ agli shock e limita il margine di manovra fiscale’. Se avessero letto pagina 13 del Conto Generale dello Stato gli analisti di Moody’s cosa avrebbero scritto? Meglio non chiederglielo.
La distanza tra conti e realtà
Ma davvero l’Italia è prossima al dissesto finanziario? La risposta è no, anche se è difficile trovare le prove. Un uomo saggio e competente come Andrea Monorchio, già Ragioniere Generale dello Stato, getta acqua sul fuoco. ‘Il vero bilancio dello Stato non lo redige più il Mef ma si trova nei resoconti Istat, dove ci sono i calcoli della pubblica amministrazione allargata’, spiega a Milano Finanza. Monorchio, che ha da poco dato alle stampe la riedizione di un ponderoso manuale di contabilità statale dall’emblematica copertina verde, preferisce tacere sul fatto che il Rendiconto è pur sempre una parte del bilancio approvato dai rappresentanti del popolo italiano.
Che col loro voto da anni certificano il disastro, come una firma sancisce di fronte alla legge un contratto, un’eredità, un matrimonio. Monorchio però ha ragione. Anche se il colpo d’occhio è da infarto, con un rapporto attività-passività spaventoso, insostenibile con le metriche del mercato, a ben guardare la situazione è più complessa e meno nera. Innanzitutto, spiegano i tecnici, come l’ex presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro, il Conto Generale del patrimonio dello Stato, dal quale sono tratte le tabelle in pagina, è una strana bestia, non paragonabile ai bilanci societari. In primo luogo perché mescola stock e flussi e poi perché una buona parte di risorse che vengono considerate ai fini della contabilita’ nazionale, anche in sede europea, non sono inserite in questo rendiconto.
Dove migliorano i conti italiani
Le grandezze che contano sono infatti quelle del perimetro allargato della Pubblica Amministrazione, redatto dall’Istat in base ai criteri del Sec 2010, il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali. Di questo insieme più ampio fa parte un elenco lungo 17 pagine di società (tra le quali Fintecna, Anas, Rete Ferroviaria Italiana), enti locali (Regioni, Province, Comuni e altri enti periferici, casse di previdenza privatizzate e molto altro). ‘Quello che conta ormai è il dato della Pa allargata dell’Istat’, ragiona Pisauro, ma certo ‘servirebbe una due diligence per fare chiarezza sull’intero patrimonio dello Stato, su attivi e passivi che non rientrano nel rendiconto, perché nessuno sa quanto valga’. Il punto è proprio questo.
Per avere un’idea, il solo patrimonio delle casse di previdenza vale circa 100 miliardi, mentre agli enti locali fa capo tra le altre cose la gran parte dei quasi 300 miliardi in immobili pubblici censiti negli anni passati. E non è tutto. Un’altra voce significativa che non rientra nel calcolo della gestione patrimoniale dello Stato, quello dei numeri da brivido, è per esempio l’Irap, che è un’imposta regionale. In media ogni anno questa voce da sola vale 25 miliardi. C’è poi un altro dato da aggiungere alle attività, che è quello delle concessioni (quasi tutte escluse dal computo del conto patrimoniale): un valore enorme, tra spiagge e autostrade, che giustamente il governo Draghi voleva mettere in regola per aumentarne il valore.
Ed è così che piano piano si risale il crinale dei 1.000 miliardi di attivi e ci si proietta decisamente più in alto. Ragionamento simile va fatto poi sul lato delle passività. Non si tratta solo di debito pubblico, che pure è una zavorra che quest’anno ha superato i 2.700 miliardi. In questa voce, nel Conto Generale del patrimonio dello Stato del 2021, rientrano anche i debiti di tesoreria, una montagna da oltre 700 miliardi dove la parte del leone è fatta dai conti correnti.
Il nodo del debito
Insomma, andando a spulciare tra i numeri e cercando di orientarsi tra le variabili utilizzate, quello sbilancio iniziale fa meno paura. Resta il fatto che a ogni bambino che nasce in Italia lo Stato consegna un debito di oltre 45 mila euro: se la rotta non si inverte l’Italia non sarà mai un Paese per giovani. Un altro esperto di contabilità come Giuseppe Vegas, che oltre ad aver fatto il presidente della Consob e il viceministro del Mef è stato funzionario parlamentare, fornisce una lettura analitica. ‘Nei bilanci civilistici delle società il conto del patrimonio ha valore essenziale: se i debiti sono superiori al patrimonio, occorre preoccuparsi; nel caso poi in cui questi ne rappresentino un multiplo è necessario portare i libri in tribunale. Per quanto riguarda invece il bilancio dello Stato, il patrimonio non ha mai assunto un valore essenziale per calcolarne la solidità.
Parola chiave: valorizzazione
Anche Vegas ha le sue ragioni, ma è strano che questa eccezione contabile sia considerata come prova non essenziale della solidità patrimoniale, proprio quando questo documento si è cominciato a votarlo in Parlamento. Perché nessuno, lette queste cifre, coglie la palla al balzo per lanciare una grande operazione-verità e avviare una valorizzazione dell’immenso patrimonio immobiliare statale, su cui lavora ad esempio la società pubblica Invimit? In fondo si tratta di far emergere un iceberg. Un mattone abbandonato e’ un passivo, mentre un mattone riqualificato e in vendita ha un prezzo e può diventare un attivo.
Nessuno sa dare una risposta a questa inazione né alla deriva di bilancio che alla fine ne consegue. Ci ha provato Sabino Cassese sulle colonne del Corriere della Sera. Il costituzionalista ha scritto testualmente: ‘La Ragioneria Generale, attenta alla domiciliazione della spesa e al controllo del rispetto dei suoi limiti, mentre tiene sulla corda persino il Parlamento, si fa sfuggire la galassia dei satelliti statali, tanto che le sue statistiche – sempre più carenti – non riescono a includere i loro dipendenti’. Insomma, sostiene Cassese, il controllore non controlla perché l’amministrazione vive senza i conti e i conti senza l’amministrazione. Dunque è inutile leggere i conti. Fin quando qualcuno, magari per far male all’Italia, ci ficcherà il naso.