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Maurizio Landini (segretario Cgil): «Sì al Green pass sul lavoro, ma non divenga un espediente per licenziare»

La Cgil, il sindacato guidato da Maurizio Landini, si dice favorevole all’estensione del Green pass sui luoghi di lavoro, «ma c’è un discrimine: non è possibile pensare a licenziamenti o demansionamenti» per i dipendenti che si rifiutano di vaccinarsi. Landini ribadisce che il sindacato è «a favore del fatto che le persone si vaccinino» e che sta «raccomandando ai lavoratori di farlo».

Sottolinea che rendere obbligatorie le inoculazioni del vaccino anticovid «è qualcosa che si può decidere solo per legge. Se il governo valuta che sia necessario» prosegue, «può varare una norma». Il segretario generale non vuole vedere la responsabilità «scaricata su un accordo fra le parti sociali».

La sospensione dello stipendio per i non vaccinati è qualcosa di «inaccettabile» per la Cgil, e Landini propone misure alternative: «Ci sono esperienze in diverse aziende che utilizzano lo smart working per certi dipendenti o fanno un uso molto diffuso dei tamponi».

Secondo Landini, «chi ha paura, va aiutato a superarla. Se una persona che esita viene trattata in modo sprezzante, la si consegna alla logica dei no vax». Sui rischi paventati da Confindustria con l’abbattimento delle emissioni chiesto dall’Ue, il segretario della Cgil osserva che «proprio perché siamo di fronte a una transizione ambientale, digitale e anche demografica, trovo che sia il momento di cambiare. È momento della pianificazione e di una politica industriale seria. Lasciare al mercato il compito di risolvere tutti i problemi significa andare a sbattere», spiega in un’intervista al Corriere della Sera.

«Invece di resistere al cambiamento» aggiunge Landini, «in Italia dobbiamo discutere di come possiamo essere all’ avanguardia facendo sistema e serve un collegamento fra il piano per il Recovery e le politiche industriali, che un po’ manca. Non dobbiamo pensare a cosa succede domattina, ma ai prossimi cinque o dieci anni».

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