La salute riparte. E lo fa attraverso il maggiore ricorso alle cure ospedaliere da parte degli italiani. Che, poco alla volta, tornano ad entrare nelle strutture sanitarie dopo i due anni di pandemia. A raccontare questo ricucito rapporto sono i dati del programma nazionale Esiti, promosso dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. L’edizione 2022 sui dati 2021 parla di una lieve ripresa delle ospedalizzazioni, con 500mila ricoveri in più rispetto al 2020, che ha riguardato i ricoveri programmati e quelli diurni.
Significativa la risalita degli interventi oncologici, in particolare con riferimento al tumore maligno della mammella che torna al trend pre-pandemici grazie alla ripresa degli screening. Nel 2020 si era verificata una significativa riduzione, circa -6.300 ricoveri rispetto al 2019. Nel 2021 si assiste a un’importante ripresa, con un aumento di 6.700 interventi rispetto all’anno precedente e un riallineamento al trend, circa -800 ricoveri rispetto all’atteso.
Le 10 unità operative che hanno registrato maggiori volumi di attività sono:
- Istituto Europeo di Oncologia di Milano,
- Policlinico Universitario “A. Gemelli” di Roma,
- AOU “Careggi” di Firenze,
- Fondazione IRCCS “Istituto Nazionale Tumori” di Milano,
- Ospedale di Bellaria (BO),
- IOV di Padova,
- Humanitas istituto Clinico Catanese di Misterbianco (CT),
- Istituto in tecnologie avanzate di Reggio Emilia,
- AOU Pisana di Pisa,
- Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena.
Tre quarti degli interventi a livello nazionale, inoltre, è stato effettuato oltre la soglia dei 150 interventi all’anno prevista dal decreto ministeriale 70/2015, in aumento rispetto al 66,6% del 2020. Gli italiani tornano a rivolgersi agli specialisti anche per l’area cardiovascolare, dove crescono i ricoveri e diminuiscono i decessi a 30 giorni. Si registra un lieve aumento delle ospedalizzazioni per IMA pari a +900 ricoveri rispetto al 2020, ma con una riduzione rispetto al valore atteso in base al trend prepandemico di -11.300 ricoveri.
Con riferimento alla mortalità a 30 giorni da un episodio di IMA, inoltre, nel 2021 si è registrata una riduzione rispetto al 2020 (7,7% contro l’8,4%) e un riallineamento al trend (valore atteso pari a 7,3%). Per quanto riguarda invece la tempestività di accesso all’angioplastica coronarica nei casi di infarto STEMI, la proporzione di interventi effettuata entro 90 minuti è rimasta complessivamente costante nel biennio, passando da un valore medio di 49,9% nel 2020 a 50,6% nel 2021. In questo caso spicca l’eterogeneità tra le strutture, con una variabilità intraregionale superiore a quella interregionale.
Le 10 strutture che hanno proporzioni più elevate di angioplastica primaria garantita entro 90 minuti sono:
- Presidio Ospedaliero “Ospedale del Mare” di Napoli,
- Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Tor Vergata” di Roma,
- Ospedale “Fabrizio Spaziani” di Frosinone,
- Polo Ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Sciacca,
- Ospedale “Maria Vittoria” di Torino,
- P.O.”S. Antonio Abate” di Erice,
- Ospedale Centrale di Bolzano,
- A.O.U. “Mater Domini” di Catanzaro,
- P.O. “Maria Santissima Addolorata” di Eboli,
- Ospedale “Infermi di Rimini”.
In linea con la linea di parziale recupero anche gli interventi di by-pass. Nel 2021 ricominciano a salire rispetto al 2020, ma permane uno scostamento dal trend pari a -14% (circa 1.900 ricoveri in meno). Relativamente alla soglia dei 200 interventi all’anno indicata dal decreto 70/2015, si è osservato nel 2021 un lieve aumento delle strutture sopra soglia (15 rispetto alle 10 del 2020), a fronte di un numero di cardiochirurgie lievemente ridotto (108 nel 2019 contro 101 nel 2021).
Le strutture che hanno effettuato 200 o più interventi di BAC sono:
- Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma,
- Policlinico Universitario “Campus Biomedico” di Roma,
- Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA),
- AOOR “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona” di Salerno,
- Ospedale “Del Cuore G. Pasquinucci” di Pisa,
- P.O. “SS. Annunziata” di Chieti,
- Ospedale di Treviso,
- Ospedale di Vicenza,
- Ospedale Civile di Legnano (MI),
- Casa di Cura Montevergine di Mercogliano (AV),
- Stabilimento “Umberto I – G. M. Lancisi” di Ancona,
- Hesperia Hospital SRL di Modena,
- AOU Mater Domini di Catanzaro,
- AOU Careggi di Firenze,
- PO “Santa Maria della Misericordia” sede di Udine,
- AO “San Camillo Forlanini” di Roma.
Fa registrare un parziale riavvicinamento al trend prepandemico il fronte delle ospedalizzazioni per frattura del collo del femore, nel 2021 si è evidenziato un leggero aumento, pari a circa 2.600 ricoveri. La proporzione di pazienti ultrasessantacinquenni operati entro 48 ore è rimasta invece sostanzialmente stabile negli ultimi due anni, passando dal 50,3 del 2020 al 48,6 del 2021, al di sotto della soglia del 60% indicata dal decreto 70/2015. Solo un terzo degli interventi, infatti, è stato effettuato in strutture che raggiungono la soglia prevista. Le strutture che in Italia nel 2021 hanno trattato più di 100 casi di frattura del collo del femore nell’anziano sono 327, di queste, 106 hanno garantito un intervento tempestivo in più del 60 per cento dei casi.
Tra loro, le prime dieci strutture con proporzioni più elevate sono:
- PO “Umberto I” di Siracusa,
- Ospedale “Sandro Pertini” di Roma,
- Policlinico Universitario “Campus Biomedico” di Roma,
- P.O. “S. Giovanni di Dio” di Agrigento,
- Ospedale di San Donà di Piave (VE),
- Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI),
- Ospedale “Guzzardi” di Vittoria (RG),
- AO “San Camillo Forlanini” di Roma,
- Stabilimento di Jesi
- Istituto Ortopedico “Villa Salus I. Galatioto” di Melilli (SR).
Significativo invece il dato degli interventi di protesi d’anca, che crescono, sì, ma nel privato. Che, nel 2021, ha raggiunto livelli di attività superiori rispetto al 2019 (+13,5%); per contro, il settore pubblico ha visto ridursi il gap sul 2019 (da -20,7% nel 2020 a -12,2% nel 2021). Tutto ciò ha portato a un aumento del peso relativo del privato accreditato nell’ambito della chirurgia protesica dell’anca, già in crescita anche prima della pandemia, dal 44,7% nel 2019 al 51,1% nel 2021. Invertire questo trend è una delle sfide che la sanità pubblica dovrà affrontare nella nuova era post pandemica.