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Irene Tinagli (Presidente commissione Affari Economici UE): «Spero in un passo indietro dei sovranisti in Europa sul Recovery fund»

«Sono dispiaciuta e delusa da questa decisione, ma spero che la partita non sia chiusa: Polonia e Ungheria devono rendersi conto che più che un dispetto all’Europa fanno un danno ai loro cittadini che sono tra i principali beneficiari dei fondi Ue». Lo afferma Irene Tinagli, presidente della commissione Affari Economici del Parlamento europeo, intervistata da Marco Bresolin per La Stampa.

Il Parlamento europeo accetterebbe una marcia indietro sullo Stato di diritto? «Per noi si tratta di un tema ineludibile. Da tempo parlavamo di un meccanismo per la tutela dei valori Ue e questa è la giusta occasione per farlo. Non si può cedere alla retorica dei sovranisti – non solo polacchi e ungheresi – per cui l’Ue è un bancomat dal quale prendere soldi solo quando fa comodo. L’Ue è un’unione di valori basata sul rispetto di alcune regole comuni».

Nel frattempo, però, il Recovery è tenuto in ostaggio: quale può essere la via d’uscita? «Spero ancora in un lieto fine. Ma se la situazione non dovesse cambiare, la Commissione e le altre istituzioni europee potrebbero trovare soluzioni innovative e creative». Intanto avete iniziato i negoziati con il Consiglio sul regolamento del Recovery: dobbiamo aspettarci un altro braccio di ferro? «Noi siamo pronti a negoziare anche di notte perché vogliamo chiudere entro Natale. La posizione del Parlamento è ambiziosa, ma realista. Abbiamo proposto per esempio di aumentare al 20% l’anticipo ai governi perché molti Stati arriveranno al pagamento della prima tranche in serie difficoltà e quindi è giusto concedere maggiori risorse per avviare subito riforme e investimenti».

Il Parlamento, però, vuole entrare nel processo di governance: questo non rischia di appesantire ulteriormente il processo? «Sappiamo che è un punto delicato per molti governi. Noi chiediamo un coinvolgimento del Parlamento: vogliamo essere consultati per capire come vengono spesi i soldi dei contribuenti Ue. Ma non abbiamo alcun interesse a rallentarne o ritardarne il processo». Resta il fatto che difficilmente i soldi arriveranno prima dell’estate. «Noi ci impegniamo a fare la nostra parte e siamo fiduciosi che i regolamenti saranno pronti entro la fine dell’anno. Però l’iter dipende anche da altri fattori, come la ratifica nei parlamenti nazionali. Senza ulteriori rallentamenti spero che i fondi possano arrivare entro l’estate».

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