«La tematica più urgente è apparsa subito quella della possibile diffusione della pandemia all’interno degli istituti penitenziari. Di qui le indicazioni circa quanto gli uffici del pubblico ministero avrebbero potuto fare per contribuire a diminuire la pressione nelle carceri, senza per questo mettere in pericolo le esigenze di tutela della collettività e delle vittime». Lo dice il PG della Cassazione, Giovanni Salvi, in un passo della sua relazione all’apertura dell’anno giudiziario.
«Questo impegno è proseguito anche nel secondo semestre, quando il riemergere della pandemia ha reso evidente un problema annoso: l’esclusione degli “ultimi” dai benefici a causa della loro marginalità. Si è così collaborato con il ministero della giustizia e in particolare con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e l’Ufficio per l’esecuzione della pena esterna perché potesse essere data attuazione alle convenzioni che il ministero, attraverso la Cassa delle Ammende, aveva da tempo finanziato per rendere disponibili alloggi e programmi di inserimento per i detenuti con pene brevi residue».
Salvi poi chiarisce: «Sono stati, così, conseguiti i primi frutti, davvero positivi, così da far sperare che il distanziamento sia raggiunto senza ricorrere a rischiose scarcerazioni e che – passata la pandemia – coloro che hanno diritto a usufruire di misure alternative non debbano scontare due volte la pena, a causa della loro emarginazione sociale».