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E’ arrivato il momento di riformare la Corte dei Conti | L’analisi di Luigi Balestra

A distanza di trent’anni dalla riforma delle funzioni giurisdizionali e di controllo della Corte dei conti, il Parlamento si appresta a discutere una proposta di legge (la n. 1621 presentata alla Camera dei deputati) avente come finalità non solo la rimeditazione della responsabilità erariale, ma anche – e per certi versi soprattutto – il superamento della logica, quasi antinomica, con la quale si è guardato nel corso del tempo alle funzioni giurisdizionali e a quelle di controllo. Questo il punto di partenza da cui muove l’iniziativa legislativa: l’acclarata esistenza di non poche criticità nel sistema della giurisdizione e in quello dei controlli che vedono come protagonista la Corte dei conti; criticità che decretano, non da oggi, un immobilismo dell’azione amministrativa, talvolta dissimulato dall’imposizione di una procedimentalizzazione esasperata e rigida. Il tutto comporta un pregiudizio, con sensibili e correlativi costi, per l’intera collettività.

Ecco allora una serie di interventi che si propongono di andare nella direzione di rimediare. Si esclude in primo luogo la possibilità di un giudizio di responsabilità erariale ogniqualvolta l’atto abbia superato il controllo preventivo di legittimità, indipendentemente dalla circostanza che il profilo su cui sarebbe possibile fondare l’anzidetta responsabilità sia stato preso in considerazione nell’esercizio della funzione di controllo. Per gli atti di spesa non sottoponibili al controllo preventivo di legittimità – e che, comunque, concernano vicende per le quali la Procura erariale non abbia notificato un invito a dedurre – viene implementata l’attività consultiva, statuendo la facoltà per tutte le amministrazioni di avvalersene in relazione ai provvedimenti connessi al PNRR/PNC e per gli appalti superiori a un milione di euro.

Le amministrazioni hanno la facoltà di chiedere un parere preventivo in quelle ipotesi in cui la complessità delle problematiche possa ripercuotersi sul piano della colpa grave, così generando una correlativa esimente. Una novità di rilievo, che peraltro scongiura perniciose qualificazioni, è rappresentata dalla previsione giusta la quale il parere può essere richiesto anche in relazione a fattispecie concrete.

Assume parimenti una portata esimente, sempre con riferimento alla colpa grave, la conclusione di accordi di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale, ovvero la conclusione di accertamenti con adesione, accordi di mediazione, conciliazioni giudiziali e transazioni fiscali. L’obiettivo perseguito è anche quello di superare la riottosità dei dirigenti per il timore di un sindacato della Corte dei conti. Un’ulteriore esimente si concretizza nei casi di decorrenza dei termini senza che la Corte dei conti si sia pronunciata sul controllo preventivo di legittimità, ovvero senza che abbia reso il parere in sede consultiva.

Un altro profilo di estremo interesse, oggetto di dibattito peraltro già da qualche tempo, è l’introduzione di un limite quantitativo alla responsabilità derivante da colpa grave (con l’esclusione delle ipotesi di dolo, quindi, nonché di illecito arricchimento). A ciò si aggiunge il sorgere dell’obbligo di stipulare una polizza assicurativa a carico di coloro che siano investiti di responsabilità nella gestione di risorse pubbliche.

Ribadendo lo spirito che contraddistingue l’iniziativa legislativa – combattere la paura che sovente attanaglia il pubblico funzionario, senza tuttavia con ciò fare sconti a quei funzionari incapaci o infedeli – si attribuisce alla Corte dei conti un potere sanzionatorio particolarmente impattante, potendo essa giungere, nei casi in cui vengano in considerazione comportamenti dolosi, a destituire nella sentenza definitiva di condanna il dirigente o il funzionario pubblico.

La riforma che si preannuncia pare ispirata a criteri di ragionevole componimento dei molteplici interessi che la correttezza e l’efficienza dell’azione amministrativa evocano e, soprattutto, va nella sacrosanta direzione di sancire una netta distinzione tra i funzionari meritevoli e quelli immeritevoli. Al fine di far emergere i primi e “affossare” i secondi, non ci si può esimere dall’adozione di regole e meccanismi procedurali capaci di operare una netta cesura tra posizioni e situazioni che, già agli occhi del comune cittadino, appaiono assolutamente dicotomiche.

Sia infine consentito un aneddoto. Alcune delle idee contenute nella proposta di legge sono state oggetto di approfondimento, discussione e interlocuzione da parte del Consiglio di presidenza della Corte dei conti insediatosi nel 2018 e di cui ho avuto l’onore di essere componente. Se forse i tempi all’epoca non erano maturi – poiché ben si sa che le riforme impattanti, ancorché vòlte a incidere su interessi meritevoli di essere assecondati, sovente abbisognano di processi “gestionali” affinché la metabolizzazione delle novità possa avvenire senza eccessivi sussulti – oggi mi pare che alla maturazione nel frattempo intervenuta si sia affiancata l’indifferibilità dell’intervento riformatore. 

Intervento pubblicato sul Sole 24 Ore

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