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“Il Sud può camminare da solo. Con imprese e occupazione. Modello Whirlpool per risolvere le crisi aziendali” | Intervista a Giosy Romano

Il Sud che funziona, che produce occupazione e sviluppo è un Meridione da premio. E quel premio può arrivare anche da New York. L’avvocato Giosy Romano, ex commissario straordinario del Governo nella Zes Campania e della Zes Calabria fino al 29 febbraio 2024, è stato premiato all’Italian Reputation Award che si è tenuto a New York il 23 marzo all’Istituto Italiano di Cultura.

Il riconoscimento è rivolto alle personalità che si sono distinte in ambito reputazionale grazie ad un costante impegno e all’innovazione profusa in diversi settori per la promozione dell’Italia nel mondo.

L’avvocato Romano è stato premiato perché da Commissario Zes in Campania e Calabria, è riuscito a dare un impulso decisivo all’economia del territorio: ha accompagnato l’insediamento di quasi 200 nuove imprese, generando un valore di 2,5 miliardi di investimenti che consentiranno la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.

Ha impresso la svolta decisiva nella risoluzione della vertenza Whirlpool di Napoli che durava ormai da anni, consentendo il salvataggio di tutti gli operai e la rinascita del sito industriale di via Argine con il passaggio al Gruppo Tea Tek, che ora già annuncia nuovi investimenti.

L’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia ha incontrato il presidente Romano pochi giorni dopo il ritiro del prestigioso premio.

Dottor Romano, contento per questo premio?

Sono davvero onorato. Forse solo lì su quel palco, da New York, ho preso atto di aver effettivamente contribuito a quello che era la mission prefissata e cioè la promozione del territorio italiano all’estero con l’attrazione di nuovi investimenti al Sud. Con la realizzazione di 8 mila nuovi posti di lavoro territorio e con in termini di indotto e l’ipotesi di creazione di 21 mila nuovi addetti.

I suoi risultati dimostrano che esiste un altro Sud.

Credo che il primo compito sia quello di cambiare la narrazione. Troppe volte questi territori sono stati descritti come incapaci di accogliere nuovi investimenti, incapaci di creare occasioni di lavoro. Non è così. E lo abbiamo dimostrato con i fatti.

Qual è la ricetta giusta?

Quella di non aspettare aiuti dall’alto, ma di rimboccarsi le maniche e procedere in assoluta sinergia istituzionale con gli altri attori preposti al governo del territorio. Poi è evidente che ci sono dei gap che derivano dal passato che vanno superati, quello infrastrutturale in primo luogo. Ma l’infrastruttura primaria è quella immateriale: quella delle risorse umane. Da lì discende tutto il resto.

Un esempio?

Abbiamo avuto il vanto come Area Industriale di Napoli, di essere progetto pilota del “Fondo legalità” del ministero dell’Interno. Abbiamo realizzato un impianto di videosorveglianza intelligente diretto a salvaguardare non soltanto le intrusioni delinquenziali all’interno degli agglomerati industriali, ma anche ad evitare gli inquinamenti ambientali, preservare le matrici ambientali di acqua, terra ed aria da agenti inquinanti. Così da garantire per quelle aree industriali una sorta di “patente di sicurezza” a 360 gradi. Siamo riusciti a realizzare il progetto in appena 12 mesi. Un record.

E sono arrivate nuove imprese pronte ad investire.

Si, grazie a questo intervento l’area in questione è divenuta ulteriormente attrattiva portando alla nascita di nuove industrie. Poco dopo ho deciso di replicare quel modello anche in Calabria. Facendomi promotore di un ulteriore progetto di 20 milioni di euro per la realizzazione del medesimo impianto di videosorveglianza già realizzato in Campania.

Da manager che innova al Sud e che si è trovato a gestire finanza pubblica, cosa non ha funzionato nei precedenti modelli di investimento del passato?

L’impianto normativo attuale che ha generato gli investimenti nelle aree Zes si è mosso su due direttrici parallele: realizzare infrastrutture capaci di supportare i nuovi investimenti e l’altra quella di agevolare gli investimenti o gli investitori che intendessero inserire le loro attività produttive nel meridione. Con il Pnrr abbiamo allocato 630 milioni di euro per le aree Zes, agevolato gli investitori attraverso una semplificazione burocratica che pure non apparteneva alla narrazione del Meridione. Tutto questo accompagnato dalle agevolazioni fiscali sul credito d’imposta, ha determinato la realizzazione degli investimenti e la realizzazione di infrastrutture. Nel passato invece ci si è mossi solo per faraoniche oasi nel deserto, con logiche di breve respiro. Senza visione e pianificazione.

Spesso si parla del Sud come miniera delle energie rinnovabili.

Anche questa è una narrazione della quale io tento di rifuggire. A mio avviso il Sud non deve essere connotato dalla capacità di attrarre un’unica tipologia di investimenti. Non c’è dubbio che può approfittare di una posizione geografica, ovvero essere collocato per intero al centro del Mediterraneo, ma il sud è comunque composto da più aree tra di loro. Complementari e non per forza in concorrenza. Possono convivere a mio avviso investimenti più legati alla logistica per effetto della posizione geografica, altri più legati al settore energetico per effetto dell’elemento climatico. Così come pure investimenti industriali veri e propri, perché no, anche dell’industria pesante per effetto di quello che è il tessuto industriale che c’è su quel determinato territorio. Il Sud deve diversificare. Necessariamente. Solo così cresce il Pil.

Da uomo del Sud, quanto la preoccupa il caso Ilva?

Sicuramente mi preoccupa e non poco. Occorre rifuggire anche dalla logica del passato, evitare che vi siano “prenditori” esteri che vengono ad approfittare di una situazione di debolezza. Anche per il caso Wirphool a Napoli, una multinazionale aveva investito e poi depauperato il territorio locale per lasciare solo i lavoratori. Con una ricetta semplice abbiamo riacquisito a zero quell’opificio, lo abbiamo riconvertito con un imprenditore che ha ritenuto investire agevolandolo in una serie di semplificazioni da un lato e di accompagnamento fiscale dall’altro. Se questo sistema, piuttosto che essere diretto esclusivamente a risolvere le emergenze, diventa una regola per l’accompagnamento degli imprenditori credo che molte altre vicende simili possano essere risolte positivamente.

Che consiglio si sente di dare ai giovani del Sud?

“Io credo che debbano essere loro stessi ad essere capaci di costruire il proprio futuro. Devono combattere la rassegnazione. Sono solito utilizzare un ossimoro: essere umilmente ambiziosi. Tentare di costruire la propria strada, muovendo dal presupposto che non siamo per forza di cose relegati ad ricoprire ruoli secondari per essere nati in una parte geografica di questo Paese, ma che invece, con la lungimiranza ed una visione, si possa assurgere a diventare soggetti deputati alla crescita e trasformazione del nostro territorio.

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