Nella definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per l’uso del Recovery Fund è necessario che ci sia un progetto per l’Italia per definire programmi che possano favorire lo sviluppo del Paese e modernizzarlo, liberandolo da vecchi ostacoli che ne impediscono la crescita. Le banche faranno la loro parte e non faranno certamente mancare il loro supporto nel cammino di modernizzazione e sviluppo dell’Italia, cosi’ come sono state impegnate fin dal primo momento a fianco delle famiglie e delle imprese per affrontare la crisi.
L’Abi sposa la proposta lanciata due giorni fa dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che ha chiesto al governo di scrivere con tutte le parti sociali un “grande e comune patto per l’Italia” che abbia una “visione alta e lungimirante”, e scende in campo per garantire il supporto del settore bancario al piano di ripresa.
E’ necessario un “disegno organico che guidi la formulazione, in parallelo, dell’indirizzo politico nazionale delineato nella legge di bilancio e dei piani di investimento delle risorse attinte dai programmi europei”, ha affermato il d.g. dell’Abi, Giovanni Sabatini, durante un’audizione sul Pnrr davanti alle commissioni Bilancio e Politiche UE del Senato. Il piano non deve essere una “sommatoria di iniziative da finanziare, ma il risultato di un disegno coerente e organico volto alla crescita e all’occupazione, concentrato su pochi filoni, individuati secondo un criterio di priorità, a loro volta declinati in misure di riforma e di investimenti coerenti e sinergici”.
Gli obiettivi “prioritari” del Pnrr devono essere “la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione”. Il piano andrà realizzato tenendo conto che i programmi europei metteranno a disposizione dell’Italia risorse “molto cospicue” e per questo il Recovery Fund rappresenta “un’occasione da non perdere per avviare l’indispensabile transizione verso un’economia più sostenibile e digitale, ma anche per affrontare le tante criticità strutturali che da troppo tempo costringono la crescita dell’economia italiana su livelli insoddisfacenti (quando non negativi)”. Bisogna pero’ considerare che queste risorse, “per quanto rilevanti, non saranno illimitate, per cui e’ indispensabile valutarne attentamente la destinazione per assicurare che vengano spese nel modo più utile”. I fondi che l’Unione europea metterà a disposizione dell’Italia non saranno neanche disponibili subito, ci vorrà del tempo e questo – nella situazione di sofferenza e incertezza attraversata dall’Italia – è una “variabile cruciale”.
Proprio per questo motivo è “opportuno attingere a tutte le risorse disponibili per attivare quanto prima le azioni utili al rilancio”, come il Mes. L’Abi ha invitato il governo a considerare “attentamente” le opportunità di cui il ricorso al Mes consentirebbe di beneficiare.
La decisione, ha sottolineato Sabatini, deve essere accompagnata “da un’attenta analisi, condotta con rigore giuridico, sugli eventuali dubbi interpretativi circa le procedure e le condizioni di accesso. Laddove se ne ravvisasse la necessita’, andrebbe valutato l’intervento per la modifica di tali eventuali ambiguita’, piuttosto che la rinuncia all’utilizzo di uno strumento in se’ utile”.
Sul fronte delle imprese, “disporre di un’adeguata dotazione di capitale – o, in altri termini, evitare livelli eccessivi di indebitamento – e’ cruciale per migliorare la resilienza del sistema produttivo rispetto alle situazioni avverse che nel tempo si possono verificare, il che a sua volta facilita l’accesso delle imprese al credito bancario”. Benvenuti saranno quindi gli interventi a sostegno del rafforzamento patrimoniale delle imprese.
Guardando al settore bancario, il d.g. dell’Abi ha spiegato come sia necessario predisporre “quanto prima gli strumenti, normativi e operativi, che consentano di prevenire ed eventualmente gestire non traumaticamente, per le banche e per i clienti, i rischi che abbiamo davanti, in primo luogo quello di una crescita importante dei crediti deteriorati”. Grazie alle misure tempestivamente attivate dalle istituzioni italiane ed europee, la crisi economica scaturita dalla pandemia, nonostante la sua entità, ha finora avuto “effetti limitati sulla qualità del credito in Italia”. Ma “ci troviamo davanti ad una sfida estremamente difficile, come Stato e come settore, in cui i margini di incertezza sono elevati. Per questo è essenziale che la politica regolamentare continui senza esitazioni nel solco che ha intrapreso”.
“L’insieme delle misure adottate dalle Autorità ci dimostra che c’è la consapevolezza dello sforzo delle banche per supportare famiglie e imprese e da’ conto di un atteggiamento positivo della vigilanza, che guarda alla salute dell’economia come pilastro essenziale per la stabilita’ del settore”.
A livello europeo bisogna definire un quadro regolamentare funzionale all’operatività di strumenti che hanno dimostrato “indiscussa efficacia, come le Gacs, nonché prevedere una opportuna disciplina per le cosiddette Asset management companies (Amc) nazionali”. E’ inoltre necessario ripensare alcuni elementi della regolamentazione di vigilanza sulle banche, “riducendone le caratteristiche di prociclicità e tenendo maggiormente in considerazione l’obiettivo della crescita economica”.
E’ una riflessione fondamentale per le normative in via di definizione o in fase di entrata a regime, per le quali e’ “indispensabile” analizzare l’impatto alla luce delle modificazioni strutturali che deriveranno dalla crisi, per mettere le banche in condizione di assicurare il massimo supporto all’economia in anni che saranno critici per la ripresa. In particolare, occorre, ad esempio, “rivedere la nuova definizione di default che entrerà pienamente in vigore a gennaio 2021 e che risulta, ancor più in questa fase, fortemente stringente. Inoltre, occorre prevedere un ulteriore slittamento dei tempi di entrata in vigore delle nuove regole di Basilea”.
Sabatini ha poi chiarito che le stime degli analisti sull’aumento degli NPL, dovuto alla crisi generata dalla pandemia di Covid, “non tengono conto delle misure adottate” a livello europeo e nazionale, in primo luogo le moratorie che possono essere prorogate a fine anno e “anzi noi riteniamo che sarebbe meglio prorogarle almeno fino a giugno”.
La flessibilità, garantita anche dalle Autorità europee, che evitano la riclassificazione dei crediti “devono permanere fino a quando resterà l’incertezza” sulla ripresa. Il d.g. ha risposto cosi’ alle stime fornite ieri da Banca Ifis secondo cui lo stock complessivo, sommando le sofferenze (NPL) e le inadempienze probabili (UTP) ancora presenti a bilancio bancario e quelle già cedute raggiungerà nel 2020 quota 338 miliardi di euro (+5% sul 2019) mentre nel 2021 le esposizioni deteriorate potrebbero salire fino a 385 miliardi di euro e subire un ulteriore incremento nel 2022.