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Stefano Folli (Repubblica): «Quirinale: alcuni tasselli sono tuttora in disordine»

Le elezioni per il Presidente della Repubblica si fanno sempre più vicine e intricate. Come fa notare Stefano Folli, «alcuni tasselli tuttora in disordine del mosaico governo/Quirinale». E sottolinea che «l’Eurogruppo ha sollecitato all’Italia la ratifica della riforma del Mes (il cosiddetto Fondo salva-Stati). Non siamo l’unico Paese in ritardo, ma il sollecito equivale a gettare sale su vecchie ferite mai guarite. Sembra dire tra le righe: visto che siete già inadempienti rispetto agli impegni, cosa accadrà nei prossimi mesi?» sostiene Folli. «Non è un mistero che l’Unione guardi con qualche apprensione al vuoto di governo che potrebbe aprirsi a Roma di qui a poco. Le cronache del Quirinale non sono rassicuranti».

Ma ancora, «i miliardi del Pnrr: per la precisione le risorse destinate agli enti locali. È leggendaria l’incapacità di tali enti di spendere i finanziamenti a cui hanno diritto. Lo scenario tende a ripetersi con il Pnrr, per cui si renderà necessario entro l’anno ridiscutere la mappa dei fondi e i loro obiettivi. Può farlo solo un governo autorevole e determinato, certo non debole e provvisorio. Terzo, la legge elettorale continua a essere il fantasma che aleggia sui palazzi romani. Quasi nessuno, salvo Giorgia Meloni, la vede come un passaggio cruciale per decidere l’assetto dell’esecutivo e quindi sciogliere in parallelo la questione del presidente della Repubblica. Ma così è».

«La pressione di chi vuole restaurare un sistema proporzionale» scrive Folli «è forte e trasversale. Sono solo tre esempi che segnalano la difficoltà di legare insieme i temi del governo e l’elezione del capo dello Stato. Perché è evidente che si avvicina il momento delle scelte senza che finora si sia fatta chiarezza sul punto di fondo: chi gestirà il governo nei prossimi mesi, se non sarà Draghi? Chi offrirà risposte pratiche e affidabili ai dubbi dell’Europa? E prima ancora, chi saprà definire una piattaforma condivisa per ricreare una maggioranza? Di sicuro il vero negoziato tra i capi-partito deve ancora cominciare, a dieci giorni dalle prime votazioni».

«Nessuno ha in mano il bandolo della matassa, tuttavia c’è la volontà — questa sì, condivisa — di riprendere uno spazio politico e non rassegnarsi al governo “tecnico”. Quanto la situazione sia delicata lo indica un evento molto raro: Gianni Letta ha preso la parola in pubblico per una breve dichiarazione. Ha chiesto che il presidente sia scelto “pensando all’interesse del Paese e non di una parte”. Come dire che la speranza di votare un nome nelle prime tre sedute non è esaurita. Ma nel caso quel nome non potrebbe essere Berlusconi».

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