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Ecco la normativa in Europa sul salario minimo e ciò che può succedere in Italia | Lo scenario

Il Parlamento dell’Unione Europea ha recentemente approvato la Direttiva sui salari minimi adeguati rilanciando, su questo tema, il dibattito politico e sindacale anche nel nostro Paese.

Lo spiega Cesare Damiano nel dossier sul salario minimo, curato insieme a Francesco Rotondi, docente Liuc – Università Carlo Cattaneo.

“La Direttiva si pone l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione, in particolare l’adeguatezza dei salari minimi per i lavoratori al fine di contribuire alla convergenza sociale verso l’alto e alla riduzione delle diseguaglianze retributive” (Art. 1). In primo luogo, occorre precisare che la Direttiva non impone uno standard unico europeo di salario minimo e non ricerca l’armonizzazione dei sistemi nazionali di calcolo dei salari legali, laddove esistenti. L’intento della Direttiva è quello di migliorare il livello salariale dei lavoratori dell’Unione Europea, tutelare i datori di lavoro dalla concorrenza sleale basata su bassi salari ed aumentare la produttività investendo sulle persone».

«Tali obbiettivi possono essere perseguiti sia attraverso la contrattazione collettiva, sia tramite il salario minimo legale, lasciando liberi gli stati nazionali di assumere la direzione che ritengono più aderente al loro contesto giuridico e sociale. La Direttiva prevede, in estrema sintesi, che i Paesi dell’Unione Europea dovrebbero garantire comunque una copertura dell’80% della contrattazione collettiva (limite rispettato da Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Spagna e Svezia)».

«Al di sotto della predetta soglia gli Stati dovranno presentare, previa consultazione delle parti sociali, un piano d’azione alla Commissione Europea in funzione della promozione della contrattazione collettiva. Per quanto riguarda il salario minimo legale la Direttiva prevede che i Paesi membri istituiscano le procedure per la determinazione e l’aggiornamento dei salari minimi legali, indicando i criteri a cui attenersi. Inoltre, si deve segnalare che è prevista l’istituzione di organi consultivi a livello nazionale anche per la fissazione e l’aggiornamento dei minimi salariali in cui dovrebbero avere un ruolo fondamentale le parti sociali» si legge nella guida.

«Sebbene in Italia la copertura della contrattazione collettiva sia superiore all’80% degli occupati, il dibattito sul tema è presente, anche per effetto delle proposte di legge giacenti in Parlamento. Molto sinteticamente, tali proposte vertono sulla necessità di adottare un salario minimo legale di 9 euro/ora (lordi per la pdl Catalfo e netti per la pdl Laus), oppure il 50% del salario medio (circa 7 euro/ora), con alcuni correttivi a livello regionale».

«Del resto a spingere il dibattito in questa direzione è la particolare situazione delle relazioni sindacali e dei livelli salariali che si è determinata negli ultimi decenni determinata da: il moltiplicarsi del numero dei CCNL: 992 depositati al 31 dicembre 2021 (CNEL – Archivio Primo Piano, segnalazioni 1° febbraio 2022), l’emergere del fenomeno dei “lavoratori poveri”, la bassa dinamica dei salari negli ultimi trent’anni, una certa quota di lavoratori non tutelati dalla contrattazione collettiva. Alcuni dati che possono essere utili per un approfondimento si possono ricavare dai minimi tabellari, o trattamento economico minimo (TEM), di un cospicuo numero di Ccnl. L’ultimo aggiornamento si riferisce ai minimi tabellari al 1° gennaio 2022 ed è relativo a 154 Ccnl delle principali categorie del settore privato».

«Sulla base di questa pubblicazione sono stati estrapolati i minimi retributivi delle categorie più basse dei diversi inquadramenti professionali e sono state ricavate le paghe orarie applicando i rispettivi divisori orari previsti dai Ccnl. Infine, i diversi Ccnl sono stati classificati in ordine crescente sulla base delle fasce di retribuzione minima oraria. Si può affermare che la paga oraria minima della maggioranza (75%) dei Ccnl si colloca tra i 7 e i 9 euro/ora, ma questo non sembra essere un elemento dirimente per una scelta di merito».

«Si deve aggiungere, però, che questi valori hanno un carattere indicativo, poiché le paghe orarie sono state ricavate dai divisori orari contrattuali che sono diversi tra i Ccnl, mentre non è detto che un eventuale intervento legislativo adotterebbe gli stessi divisori». In conclusione, della guida, «per la complessità della contrattazione collettiva non è affatto facile elaborare una proposta semplificatoria di un salario minimo legale. Il rischio di ridurre l’ambito della contrattazione nazionale e di produrre effetti opposti a quelli desiderati è molto forte».

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