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Ecco come sarà la nuova era digitale tra libertà vigilata e falsi profeti | Lo scenario

La questione delle disuguaglianze e la redistribuzione del reddito sono alla base da tempo del conflitto sociale e del confronto politico.

Il primo a sottolinearlo fu alla fine del secolo scorso Thomas Piketty.

In molti hanno poi nutrito nell’evoluzione digitale speranze di riequilibrio che non si sono realizzate.

L’avvento di internet per tutti ha illuso, per dirla con Karl Marx, che si potesse pescare, cacciare e fare filosofia in diversi momenti della giornata senza essere pescatori, cacciatori o filosofi, riducendo così lo scarto che si frappone tra chi detiene la ricchezza e le competenze e chi da esse è escluso.

L’illusione, anche di alcuni partiti, è durata fin quando i detentori delle chiavi del cancello di accesso alle piattaforme digitali non sono diventati più forti di uno Stato, più ricchi di un grande Paese, più temibili di un virus.

E da gatekeepers, appunto guardiani del cancello, si sono trasformati direttamente in mercato.

Ai problemi di antitrust su come arginare la forza dei nuovi monopoli digitali (gli over the top) si sono col tempo aggiunti nella seconda decade del millennio quelli relativi alla regolazione dei nuovi attori del mercato ed infine è deflagrato il tema più importante: come affrontare la loro potenziale portata autoritaria.

Senza essere mai di parte o peggio tecnofobico, Franco Bernabè ha da tempo avviato un’analisi critica dei fenomeni digitali e con la sua ultima opera, Profeti Oligarchi e Spie.

Democrazia e società nell’era del capitalismo digitale (Feltrinelli) scritta con Massimo Gaggi, ha descritto un potente condensato della storia del web, dai suoi primi passi fino all’avvento del Metaverso e oltre.

Partendo dalla grande utopia di internet per arrivare al controllo delle masse, espanso a dismisura durante la pandemia e il lockdown, il manager che vanta una lunga esperienza nelle grandi aziende italiane (ora presiede l’ex Ilva, dunque ciò che c’è di più lontano da un social) e il giornalista del Corriere esperto di Stati Uniti analizzano tutti i passaggi che hanno condotto il web e i suoi grandi player, da Facebook a Google, passando per Apple, Amazon e Microsoft, a trasformarsi da portatori di innovazione a Leviatani che annientano chi innova fuori dalla loro area.

Un passaggio epocale che ha battuto ogni legge sulla concorrenza e veto amministrativo (almeno fino a quando non è arrivata Lina Khan alla Federal Trade Commission), capovolgendo lo stesso mito americano per cui chi inventa crea spazio anche per gli altri.

Bernabè e Gaggi tracciano un percorso chiaro, capitolo per capitolo, di presa di coscienza dei problemi che il mondo occidentale si trova a dover fronteggiare attraverso lo studio dei fenomeni digitali.

La forza di Facebook e l’anno nero di Mark Zuckerberg, il complesso mondo degli hacker, i rischi delle criptomonete che valute non sono, la tassazione del lavoro e lo sconto fiscale di cui godono le innovazioni tecnologiche.

Non può che risultare un universo distopico quello che abbiamo di fronte, dove il capitale si sostituisce sempre più al lavoro e le invenzioni cominciano a diventare macchine temibili, nella concretizzazione di un mondo che capolavori della fantascienza come Blade Runner hanno sublimato molto prima che tutti diventassero schiavi di uno schermo, in regime di libertà vigilata.

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