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Domenico De Masi (Sociologo): «Ma l’occupazione cresce davvero? E perché?»

L’occupazione in Italia è cresciuta davvero? «È passata dal 60% di settembre al 60,2% di ottobre. Governo e media hanno esultato. Ma è alta o è bassa questa percentuale? Da cosa dipende?» Se lo domanda il sociologo Domenico De Masi, che analizza la situazione del lavoro degli ultimi vent’anni.

«Ventuno anni fa, nel 2001, la nostra occupazione era al 57,1%, cioè al penultimo posto in Europa. Per alzarla si sono fatti i salti mortali a cominciare dalla legge Biagi (2003) che incoraggiava la flessibilità con contratti atipici, sconti contributivi e sgravi fiscali. Poi via via sono stati istituiti e tolti i voucher, è stato ridotto il cuneo fiscale per imprese, banche e assicurazioni, è stata ridotta progressivamente l’Irap, sono stati concessi sussidi, bonus, agevolazioni fiscali, superbonus, fondi di garanzia, finanziamenti a fondo perduto e crediti d’impresa», scrive sul magazine online InPiù.net.

«Il solo Jobs Act (2014-2016), oltre ad abolire l’art. 18, ha assicurato alle aziende 16,7 miliardi cui si sono aggiunti, negli anni successivi, diecine di miliardi alle imprese per incentivare l’occupazione e compensare i danni della pandemia, della guerra, dei terremoti, delle alluvioni e delle crisi d’ogni genere. Ormai l’Italia è il Paese europeo con maggiore flessibilità contrattuale nel settore privato e con crescente flessibilità nel settore pubblico. È in questo quadro che va letto l’annunzio dell’Istat secondo cui il nostro tasso di occupazione nel mese di ottobre è salito dello 0,2% rispetto a settembre raggiungendo il 60,2% (in Germania è al 79%) mentre quello di disoccupazione è sceso al 7,8% (in Germania è al 5,5%)».

Cinque rapide osservazioni:
  1. Nel lungo arco di ben 21 anni, nonostante tutti i provvedimenti per incentivarla, l’occupazione è aumentata appena di 3,4 punti e la nostra disoccupazione è scesa solo di 2,3 punti,
  2. Il miglioramento dell’occupazione (di appena 0,2 punti) si è avuto a ottobre rispetto a settembre anche per l’ondata di turismo facilitata da un clima autunnale eccezionalmente mite. Se invece di paragonare il mese di ottobre a quello di settembre si facesse il più onesto paragone tra il trimestre agosto-ottobre e quello maggio-luglio, si scoprirebbe una sostanziale stabilità nel numero degli occupati,
  3. Se il numero di persone in cerca di lavoro è leggermente diminuito (-0,4%) il calo può essere attribuito anche al fenomeno della cosiddetta “Great Resignation” che, durante e dopo la pandemia, si è manifestata anche in Italia, sia pure in misura inferiore che negli Stati Uniti,
  4. Se è cresciuta, sia pure di pochissimo, la percentuale dei contratti a tempo indeterminato (+0,2%), è probabile che i datori di lavoro vi siano stati costretti dal crescente rifiuto di contratti precari da parte dei lavoratori,
  5. Comunque, è bene non dimenticare che, anche con il 60,2% restiamo uno degli ultimi paesi in Europa per percentuale di occupati; che la nostra disoccupazione giovanile è al 23,9%; che il tasso di inattività è al 34,3%; che il divario tra nord e sud in fatto di occupazione resta scandaloso: basti pensare che in Sicilia è al 41,3% e in Campania è al 40,9%.
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