In Italia «soffriamo di un deficit di innovazione, che trova una delle sue ragioni nel livello modesto degli investimenti in ricerca e sviluppo», una situazione critica favorita anche da «un livello medio di istruzione ancora non adeguato» e che «costituisce un freno all’adozione di nuove tecnologie». Lo afferma il neo ministro dell’Economia Daniele Franco in un’intervista sui temi dell’innovazione rilasciata alla newsletter dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Franco sottolinea tuttavia che «non si tratta di una carenza nelle capacità. Gli indicatori di produttività e di qualità della produzione scientifica nazionale collocano infatti l’Italia su livelli pari o superiori alle economie a noi più vicine. Puntare su questa risorsa può costituire una grande opportunità, soprattutto se sapremo favorire una più stretta collaborazione tra università, enti di ricerca e sistema produttivo».
«La ricerca scientifica è cruciale», come dimostra l’esperienza della pandemia: «senza gli avanzamenti della medicina e delle biotecnologie – ricorda il ministro – oggi saremmo costretti a perseguire l’immunità di gregge lasciando circolare il virus, con costi di vite umane enormi. Inoltre, senza le innovazioni nel campo digitale le misure di distanziamento avrebbero paralizzato comparti ancora più ampi della nostra economia».
«Per tornare a crescere occorrono investimenti innovativi e la capacità di modernizzare il tessuto produttivo e il settore pubblico (amministrazioni, scuola, sanità), in modo da poter trarre pieno beneficio dai progressi scientifici e tecnologici su cui l’Europa e tutte le economie avanzate contano per affrontare le sfide davanti a noi», conclude.