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Alfonso Celotto (docente Università Roma Tre): «Il passaporto vaccinale rischia di creare cittadini di serie A e serie B»

Con la carenza di vaccini, l’idea del passaporto vaccinale, utile per poter viaggiare liberamente, «rischia di creare cittadini di serie A e serie B». Così la pensa Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza all’Università Roma Tre, che boccia l’idea lanciata a Bruxelles. 

«L’esigenza è sempre la stessa: bilanciare l’esigenza di far ripartire l’economia, il lavoro e, in questo caso particolare, il turismo, con la parità di trattamento per tutti i cittadini. E la nostra Costituzione vieta discriminazioni sulla base delle condizioni personali e sociali»

C’è di fondo una discriminazione per motivi che non dipendono dalla volontà dei cittadini, ma sulla disponibilità dei vaccini. «Pensiamo a quello che accade per i nostri bambini. C’è una serie di vaccini da fare obbligatoriamente, senza i quali non si può essere ammessi a  scuola. Per loro sì che si può certificare se gli è stato somministrato o meno quel vaccino: se non l’hanno fatto è perché i genitori hanno scelto di non farglielo fare, non perché non era disponibile. Inevitabile allora che sia contemplata anche una “sanzione”, la non ammissione in aula»

«Ma i vaccini anti Covid al momento non ci sono per tutti. E probabilmente non ci saranno nemmeno tra tre mesi». Quando, secondo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sarà messo a punto tecnicamente il documento).

Il rischio, secondo Celotto, è quello di un ulteriore beffa, per gran parte dei cittadini. «A ben vedere rischia di crearsi anche un ulteriore effetto paradossale: i vaccini anti Covid sono stati somministrati prioritariamente, per evidenti ragioni, a medici e infermieri, poi agli appartenenti alle forze armate e ora agli insegnanti: di fatto così si crea una sorta di “doppio privilegio”, con determinate categorie che, oltre ad essere protette dal contagio, possono viaggiare, mentre chi non ha fatto ancora il vaccino, e non per scelta ma perché non lo ha potuto fare, non può nemmeno viaggiare. Dopo il “danno”, la beffa».

Per Celotto, in chiusura, «il “passaporto” vaccinale allo stato possono permetterselo quei Paesi come Israele che hanno già vaccinato, se non sbaglio, poco meno del 60% della popolazione e che nel giro di qualche settimana completeranno la campagna. A livello di singoli Paesi, se la vaccinazione è molto avanzata, si può sicuramente pensare ad una qualche forma di certificazione per viaggiare ma se il “passaporto” diventa europeo io, cittadino italiano, di fatto impossibilitato a vaccinarmi, rischio di non poter andare in un Paese i cui cittadini, invece, grazie ad una campagna più avanzata, possono venire in Italia. Tutti siamo impazienti di ripartire ma bisogna cercare di farlo nel modo giusto».

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