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Si chiude il mese del rating finanziario: ecco come si colloca l’Italia | L’analisi di Carlo Cottarelli

Con il giudizio sull’Italia dato da Moody’s venerdì scorso, commenta su Repubblica Carlo Cottarelli, si è concluso il “mese del rating” ossia dei giudizi che periodicamente le società private che svolgono questa attività danno alla qualità dei titoli emessi dai vari paesi. Aveva iniziato Standard & Poors il 20 ottobre, seguita da Dbrs una settimana dopo, da Fitch il 10 novembre e, infine, da Moody’s il 17 novembre.

La valutazione di queste società ha due componenti. La prima è il rating vero e proprio, un voto che è tanto più basso quanto più è probabile che un titolo non sia ripagato alla scadenza. La seconda è l’outlook ovvero un giudizio (positivo, stabile, o negativo) che indica la probabilità che, in futuro, il rating possa cambiare in meglio o in peggio. Qual è stato il responso delle quattro società di rating? Nessuna ha cambiato il rating italiano e una, Moody’s ha migliorato l’outlook da negativo a stabile. Respiro di sollievo da parte del governo. Sì perché c’era il timore di una nuova congiura da parte dei poteri forti internazionali. Scampato il pericolo, che, come dico, era più immaginario che reale, non è che possiamo essere troppo contenti. Delle quattro agenzie solo Moody’s ha migliorato l’outlook portandolo a stabile.

Ma Moody’s era l’agenzia che ci dava, e ancora ci dà, il rating più basso, solo un gradino sopra a quello dei titoli “spazzatura”, più tecnicamente quelli che non hanno il livello (investment grade) che, per molti investitori internazionali, è il minimo per includerli nei loro acquisti. Nello spiegare la decisione di passare da un outlook negativo (eravamo, quindi, sull’orlo dell’abisso) a uno neutrale, Moody’s ha indicato che ci sono stati miglioramenti nella salute del sistema bancario, nelle prospettive di crescita a medio-lungo termine grazie ai progressi nell’implementazione del Pnrr e nella riduzione dei rischi energetici “in parte grazie alla forte azione del governo” nel diversificare le fonti di approvvigionamento. Detto questo, il rating resta quello che è: un livello sopra quello dei titoli spazzatura.

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