Mancano 868 giorni dalla scadenza del Pnrr e – dati dell’ufficio parlamentare di bilancio alla mano – l’Italia deve prepararsi realmente a fare i conti con i ritardi del Piano.
Per quanto abbia ricevuto fino a questo momento, scrive il Messaggero, tutte le tranche di pagamento richieste all’Unione europea, l’orizzonte del Recovery sta infatti mutando e, nel 2024, dalla predominanza della fase di assegnazione delle risorse dei progetti (in cui non si è a un così cattivo punto, con oltre il 67% dei fondi allocati) passerà a quella della messa a bando e dell’assegnazione dei lotti, della realizzazione delle opere e del collaudo.
In altri termini dovrà cominciare l’attesa “messa a terra” del Recovery.
Il governo, consapevole delle criticità che attanagliano i soggetti attuatori (dagli Enti locali alle imprese, sino ai centri di spesa dei ministeri), sta infatti preparando un nuovo decreto che dopo qualche rinvio potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri già questa settimana.
L’idea è imporre un cambio di passo significativo dato che (gli ultimi dati disponibili fanno riferimento a novembre 2023) il 75% delle 231.
140 opere monitorabili attraverso la piattaforma ReGis registrano qualche tipo di ritardo.
Le regioni del Sud sono infatti quelle che incontrano le maggiori difficoltà.
Non è un caso che il decreto Pnrr in arrivo insisterà molto sull’uso corretto della piattaforma ReGis, quella che censisce gli interventi ed è criticatissima soprattutto dai piccoli Comuni che la giudicano di difficile utilizzo.
Un meccanismo di controllo più stringente che, qualora accertasse un ritardo, consentirebbe l’imposizione di sanzioni o la revoca totale o parziale del finanziamento.