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Pietro Tommasino, Banca d’Italia: “Serve uno sforzo per disegnare incentivi in materia di efficienza energetica nell’edilizia che siano stabili nel lungo periodo” | L’intervento

Riportiamo il testo integrale della testimonianza di Pietro Tommasino, Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli effetti macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia.

Signor Presidente, Onorevoli Deputati,

ringrazio per l’invito rivolto da questa Commissione alla Banca d’Italia a contribuire all’indagine sugli strumenti di incentivazione fiscale in ambito edilizio.

Prima di entrare nel vivo dell’analisi, consentitemi di ricordare rapidamente tre punti generali sul tema delle agevolazioni fiscali (su di essi si è soffermato il Capo del Servizio Assistenza e consulenza fiscale nel corso di una recente audizione parlamentare).

In primo luogo, il Paese è chiamato nei prossimi anni a un percorso di consolidamento dei conti che richiede che ogni misura sia valutata con la massima attenzione riguardo al suo impatto sull’economia e sui conti pubblici.

In secondo luogo, interventi di carattere settoriale contribuiscono a rendere più complesso e meno trasparente il sistema tributario, che beneficerebbe al contrario di una paziente e sistematica opera di razionalizzazione; il disegno di legge delega fiscale approvato dal Governo prevede in effetti un riordino delle cosiddette tax expenditures.

In terzo luogo, in generale le agevolazioni hanno natura automatica e in molti casi sono assenti controlli a monte. Ciò rende più agevole al singolo usufruirne ma fa sì che il loro impatto aggregato sul gettito sia assai difficile da prevedere ex ante perché dipende dalle scelte che i potenziali beneficiari faranno in merito al loro utilizzo: non è facile per il decisore politico e – ancora di più – per il cittadino percepirne in modo corretto i costi e i benefici. La stessa valutazione ex post è spesso complessa.

Nel prosieguo, in linea con l’oggetto dell’indagine promossa da questa Commissione, mi focalizzerò sugli incentivi in materia edilizia. Nella prima sezione descriverò brevemente le caratteristiche di due agevolazioni particolarmente rilevanti in termini quantitativi: i cosiddetti “Bonus facciate” e “Superbonus”; successivamente svolgerò alcune considerazioni di carattere analitico, propedeutiche a una prima valutazione di questi strumenti.

1) Il Bonus facciate e il Superbonus: gli aspetti normativi

Dal 1998 sono state introdotte numerose agevolazioni fiscali per le spese sostenute in attività di recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio. Più di recente, l’attenzione del legislatore si è estesa anche a interventi volti a migliorare l’efficienza energetica degli edifici o a diminuirne il rischio sismico. Nel corso del tempo tali misure hanno subito molteplici proroghe e modifiche, che hanno mutato la platea dei beneficiari, i parametri e le modalità di fruizione e, in ultima analisi, i loro effetti sulla attività economica e sulle entrate tributarie.

Il Bonus facciate è stato introdotto con la legge di bilancio per il 2020. Inizialmente prevedeva una detrazione dall’Irpef pari al 90 per cento delle spese sostenute nel 2020 per il recupero o il restauro della facciata esterna di larga parte degli edifici urbani. L’incentivo è poi stato prorogato a tutto il 2021 e, con aliquota ridotta al 60 per cento, anche al 2022.

Il Superbonus è stato invece introdotto nel secondo semestre del 2020 dal DL 34/2020 (cosiddetto “Decreto Rilancio”3) e stabiliva un aumento temporaneo, al 110 per cento, delle detrazioni dall’Irpef previste per alcune tipologie di lavori volti ad aumentare l’efficienza energetica degli edifici e a ridurre il rischio sismico (le aliquote precedentemente in vigore variavano dal 50 all’85 per cento a seconda del tipo di lavori). Inizialmente era previsto che il Superbonus fosse utilizzabile per gli interventi realizzati tra il momento della sua introduzione e la fine del 2021. L’incentivo è stato tuttavia prorogato con varie modifiche: a dicembre 2022, con alcune eccezioni, con la stessa aliquota di detrazione e a dicembre 2025 con aliquote decrescenti nel tempo (fino al 65 per cento).

Il Bonus facciate e il Superbonus erano inizialmente soggetti a vincoli molti diversi. In particolare, per il secondo erano previsti limiti di spesa massima (in funzione del tipo di intervento) e l’asseverazione della congruità dei prezzi. Nel corso del tempo vari interventi normativi hanno rafforzato i controlli preventivi per entrambi gli incentivi (in particolare per il Bonus facciate) al fine di contrastare il rischio di frodi.

Secondo alcune recenti testimonianze rese al Parlamento dal direttore dell’Agenzia delle entrate5, l’iniziale mancanza di un limite al numero di cessioni dei crediti di imposta generati dalle agevolazioni edilizie ha incoraggiato comportamenti fraudolenti. Fino al 14 marzo scorso, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza hanno individuato crediti d’imposta irregolari per circa 9,5 miliardi, di cui 3,7 sottoposti a sequestro, 2,6 relativi a richieste che sono state sospese preventivamente e scartate, il resto ancora oggetto di indagini in corso. Circa il 60 per cento dei crediti irregolari è riferibile al Bonus facciate, un ulteriore 30 per cento circa ai cosiddetti “Sismabonus” ed “Econbonus”.

Gli interventi legislativi successivi hanno introdotto vari correttivi che hanno interessato sia presidi preventivi (ad esempio l’estensione del visto di conformità e dell’asseverazione della congruità dei prezzi a tutti i casi di cessione o sconto in fattura dei bonus edilizi, l’introduzione di limitazioni al numero delle cessioni e alla platea dei potenziali cessionari; il divieto di cessioni parziali dei crediti) sia le facoltà di controllo dell’Amministrazione finanziaria (ad esempio con meccanismi di sospensione della fruizione dei crediti ceduti in presenza di determinati profili di rischio).

Il Decreto Rilancio aveva inoltre innovato radicalmente le modalità di fruizione delle agevolazioni fiscali: insieme all’utilizzo diretto della detrazione in sede di dichiarazione dei redditi si dava al contribuente la possibilità di optare per un contributo sotto forma di sconto in fattura, pari (al massimo) al corrispettivo dovuto, o per la cessione a terzi del credito di imposta spettante.

Prima del DL Rilancio, l’unica eccezione all’utilizzo sotto forma di detrazioni era stata introdotta, per il biennio 2016-17, in relazione ai ricordati “Ecobonus” e “Sismabonus”.

Anche il regime di cedibilità dei crediti è stato oggetto di numerosi interventi legislativi, che hanno modificato il numero massimo di cessioni possibili e la tipologia di cessionari. Da ultimo, il DL 11/2023 (attualmente all’esame delle Camere per la conversione) ha stabilito che dal 17 febbraio 2023 per i nuovi interventi non sono più possibili né lo sconto sul corrispettivo dovuto né la cessione del credito d’imposta. Per questi, quindi, si ritorna all’originaria previsione secondo cui la detrazione può essere fruita unicamente in dichiarazione dei redditi, a scomputo dell’imposta, dal soggetto che ha commissionato i lavori.

2) Elementi utili a una prima valutazione

Questa Sezione propone alcuni approfondimenti che, pur non potendo essere letti in modo integrato tra loro (differiscono infatti per le metodologie adottate e per le grandezze analizzate) sembrano nel complesso corroborare alcuni “fatti stilizzati”: il contributo del settore delle costruzioni alla crescita negli ultimi anni è stato rilevante; su tale settore ha inciso in modo significativo il potenziamento degli incentivi in materia edilizia; il loro costo in termini di finanza pubblica tuttavia è stato ingente, sebbene l’impatto abbia riguardato solo una piccola parte del patrimonio immobiliare nazionale.

Resta fermo che i dati e le analisi al momento disponibili non consentono ancora una valutazione precisa e definitiva del rapporto tra i costi e i benefici delle misure.

Tendenze recenti nel settore delle costruzioni. – A fine 2022 il valore aggiunto nelle costruzioni, che rappresenta circa il 5 per cento del valore aggiunto totale, era cresciuto in termini reali di quasi 30 punti percentuali rispetto al livello medio del biennio pre-crisi 2018-19, contro 2 punti dei servizi e una lieve riduzione nell’industria in senso stretto.

Questo valore è amplificato dagli effetti particolarmente forti della pandemia sul settore dei servizi. Se si prende come punto di riferimento la variazione fra il IV trimestre del 2019 e il IV del 2022, la crescita nel comparto delle costruzioni rappresenta circa la metà della crescita cumulata del valore aggiunto totale. Prendendo come punto di riferimento il minimo ciclico del II trimestre del 2020 (il più colpito dalla crisi pandemica), la crescita delle costruzioni rappresenta il 12 per cento di quella del complesso dell’economia.

A fine 2022 – sempre rispetto al livello medio del 2018-19 – gli investimenti in costruzioni residenziali sono risultati più elevati di quasi il 40 per cento, quelli in altre costruzioni sono stati più alti di poco più del 30 per cento, quelli totali di oltre il 20 e quelli in impianti e macchinari e in prodotti della proprietà intellettuale rispettivamente di poco più e di circa il 10 per cento.

Questi andamenti si sono riflessi sugli indici di fiducia delle imprese di costruzione che risultano ora superiori sia alla fase ciclica precedente la crisi pandemica, sia – tenendo conto della media dei livelli di lungo periodo per consentire la comparazione – a quelli degli altri comparti di attività.

L’impatto dei bonus sull’edilizia residenziale. – L’efficacia degli incentivi nello stimolare gli investimenti in edilizia residenziale può essere stimata con tecniche econometriche di valutazione controfattuale delle politiche pubbliche, ricordando che i dati in questo momento disponibili, come di consueto, sono suscettibili di revisioni e che questo esercizio non consente di cogliere né gli effetti di medio-lungo periodo sul settore interessato, né le implicazioni di equilibrio generale sugli altri settori.

Secondo le nostre analisi preliminari8, nel biennio 2021-22 la spesa aggiuntiva dovuta al potenziamento dei bonus è stata pari a poco meno della metà del valore degli investimenti che hanno goduto delle agevolazioni. Accanto alla spesa addizionale, vi è infatti una quota di spesa che le famiglie avrebbero effettuato anche in assenza di agevolazioni (sia relativa a progetti già programmati sia a progetti che ne hanno sostituiti altri di importo simile).

L’impatto degli incentivi in materia edilizia risulta maggiore nel 2022 rispetto all’anno precedente. Tale evidenza potrebbe riflettere in primo luogo le tempistiche necessarie per pianificare e avviare interventi non programmati e per potenziare la capacità produttiva. Inoltre, questo profilo temporale riflette il fatto che il peso del Superbonus – che dovrebbe essere maggiormente efficace nell’attivare investimenti aggiuntivi9 – è crescente nel tempo rispetto a quello del bonus facciate (la cui fruizione è stata molto elevata nel 2021 ma marginale nel 2022 a seguito della riduzione dell’aliquota di agevolazione dal 90 al 60 per cento).

Nel Sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi condotto all’inizio dello scorso autunno, circa il 70 per cento delle imprese operanti nell’edilizia residenziale con almeno 10 addetti aveva dichiarato di avere svolto lavori che hanno usufruito del Superbonus nei primi nove mesi del 2022. Nell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, condotta trimestralmente dalla Banca d’Italia, la quota di imprese attive nell’edilizia con almeno 50 addetti i cui lavori hanno beneficiato, almeno in parte, del Superbonus si è collocata intorno al 55 per cento alla fine dello scorso anno e al 50 per cento nel primo trimestre del 2023.

Percentuali analoghe si riscontrano nelle attese formulate per il complesso dell’anno in corso, con una diminuzione nell’Indagine più recente rispetto a tre mesi prima della percentuale di aziende che segnalano quote superiori a un terzo dei lavori che beneficiano dell’incentivo. Tale evidenza è coerente con un impatto del bonus sulla produzione del settore in attenuazione progressiva e moderata nel corso di quest’anno.

Gli effetti a livello macroeconomico. – L’impatto macroeconomico dei bonus edilizi non è limitato alla realizzazione di investimenti in costruzioni “aggiuntivi”. All’effetto meccanico dell’aumento degli investimenti si sommano anche quelli moltiplicativi determinati dall’attivazione della domanda aggregata e dell’occupazione: secondo le nostre valutazioni, basate sulle elasticità incorporate nel modello econometrico della Banca d’Italia10, il moltiplicatore associato a una maggiore spesa in costruzioni potrebbe essere superiore all’unità, non dissimile da quello degli investimenti pubblici. Il moltiplicatore associato alle risorse pubbliche impiegate per agevolare interventi “sostitutivi”, ovvero per finanziare investimenti che sarebbero stati effettuati anche in assenza dell’incentivo, è inferiore.

Queste risorse producono effetti economici liberando fondi privati che si rendono così disponibili per usi alternativi; si configurano quindi come una sorta di trasferimento alle famiglie da parte del settore pubblico, a cui si associa un moltiplicatore nettamente inferiore a quello degli investimenti (in media, nel modello econometrico della Banca d’Italia, il moltiplicatore dei trasferimenti è crescente nel tempo e raggiunge 0,5 a tre anni dall’impulso).

L’insieme di queste considerazioni farebbe ritenere plausibile che il moltiplicatore non sia lontano dall’unità, ma la valutazione puntuale degli effetti connessi con le misure è complicata da una serie di elementi, che vanno prevalentemente nella direzione di un ridimensionamento del moltiplicatore.

In primo luogo, lo stimolo impresso dalle agevolazioni fiscali all’attività di investimento può, specie in fasi cicliche espansive, incontrare vincoli nella disponibilità di materie prime e manodopera che possono limitare gli effetti degli incentivi traducendosi in parte in pressioni al rialzo sui prezzi.

L’Indagine sulle Aspettative di inflazione e crescita mostra che le imprese di costruzione più attive nel comparto residenziale hanno dichiarato un recupero della domanda totale per i propri lavori nel 2021 più intenso delle altre imprese edili; una dinamica più sostenuta del comparto residenziale si riscontra anche nel 2022. Al contempo tali imprese hanno anche dichiarato incrementi dei prezzi per i propri lavori più elevati delle altre imprese del settore.

In secondo luogo, Bonus facciate e Superbonus potrebbero aver determinato una ridefinizione dei piani di investimento delle famiglie, con un’anticipazione al biennio 2021-22 di spese programmate per anni successivi. Questa anticipazione dei piani di spesa potrebbe aver generato impatti macroeconomici particolarmente concentrati nel periodo di vigenza dei benefici fiscali, cui potrebbero seguire effetti negativi non trascurabili di “caduta tecnica”, anch’essi difficili da quantificare; potrebbe conseguirne un andamento temporale non lineare anche del relativo moltiplicatore fiscale.

Infine, come ricordato, nel corso del tempo sono intervenute numerose modifiche normative che hanno alterato ripetutamente la durata, il perimetro di fruizione e le caratteristiche di cedibilità della detrazione. Questi cambiamenti (e l’incertezza che a essi si accompagna) incidono sulle connesse decisioni di investimento, basate su logiche e considerazioni di carattere pluriennale, e quindi sul profilo corrente e atteso degli effetti associati alla misura.

Il contributo alla transizione ambientale. – In Italia ai consumi di energia del settore residenziale e dei servizi (trasporti esclusi) è riconducibile circa il 23 per cento delle emissioni nazionali di gas a effetto serra. Una drastica diminuzione dei consumi energetici degli edifici residenziali è dunque estremamente utile al fine sia di raggiungere l’obiettivo comunitario di emissioni nette nulle entro il 2050 sia di rendere le famiglie meno esposte ai rincari energetici.

Le ristrutturazioni volte ad aumentare l’efficienza termica degli edifici, come quelle finanziabili con il Superbonus, costituiscono una via per ridurre i consumi energetici. Tuttavia l’effettiva riduzione di questi ultimi (e dunque delle emissioni) dipende anche da quanto gli occupanti modificano le proprie scelte di consumo una volta che l’immobile è reso più efficiente. Ad esempio, se un nuovo sistema di riscaldamento consentisse di ottenere una data temperatura a un costo minore, gli abitanti dell’edificio potrebbero decidere di utilizzare tali risparmi per ottenere una temperatura maggiore. Studi empirici hanno dimostrato che questi aspetti comportamentali sono quantitativamente rilevanti; bisogna pertanto tenerne conto nelle stime di effettiva riduzione dei consumi e abbattimento delle emissioni previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

Secondo quanto riportato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i fondi del Piano destinati al Superbonus (13,95 miliardi di euro) avrebbero dovuto consentire di ristrutturare 100.000 edifici entro il 2026, con una riduzione delle emissioni attesa a regime di 667 migliaia di tonnellate di CO2 all’anno. Ad oggi, non è disponibile una valutazione ufficiale dell’impatto sulle emissioni del Superbonus nella sua interezza.

L’analisi costi-benefici di una politica climatica può essere condotta mettendo a confronto il suo costo con il valore monetario attualizzato della riduzione attesa delle emissioni di gas serra, calcolato in termini di minori danni futuri legati al cambiamento climatico in tutto il pianeta (ad esempio danni causati da calamità naturali, minore produttività agricola, etc.13); tale valore è noto come Social Cost of Carbon.

Le stime del Social Cost of Carbon reperibili in letteratura variano tra una decina e svariate centinaia di euro per tonnellata di CO2. L’ampio spettro dei valori riflette in larga misura le diverse ipotesi sul tasso di sconto utilizzato per attualizzare i danni futuri e il peso relativo da assegnare a quelli che si verificheranno nei paesi a basso reddito, i più esposti agli effetti del cambiamento climatico in virtù della loro posizione geografica.

Adottando un tasso di sconto di poco inferiore al 2 per cento, in linea con alcuni contributi recenti nella letteratura sul tema, e assegnando un peso relativamente maggiore ai danni che si verificheranno nei paesi a basso reddito, i benefici ambientali del Superbonus ripagherebbero i costi finanziari in circa 40 anni14. Adottando tassi di sconto più alti o ponderando i danni in modo uniforme fra i diversi paesi, il valore monetario dei benefici ambientali risulterebbe invece inferiore ai costi.

L’impatto sui conti pubblici e il suo riflesso nelle statistiche ufficiali. – La stima dell’impatto complessivo sui conti pubblici del Bonus facciate e del Superbonus è variata nel tempo sia a causa delle modifiche normative, sia per effetto di una richiesta di incentivi più marcata di quanto inizialmente preventivato.

Per quanto riguarda il Bonus facciate, sulla base delle relazioni tecniche che hanno accompagnato i provvedimenti di istituzione e proroga di questo beneficio, si può valutare che il costo atteso

 (al lordo degli effetti indotti sulle entrate) fosse prossimo ai 6 miliardi; per effetto della struttura di questa agevolazione, fruibile in dieci quote annuali, a fronte di lavori effettuati tra il 2020 e il 2022, ci si attendeva una distribuzione abbastanza uniforme della maggior parte dei costi entro il 2030. Per quanto riguarda il Superbonus, secondo la ricostruzione effettuata dall’Ufficio parlamentare di bilancio sulla base delle relazioni tecniche relative ai vari provvedimenti in materia, si può valutare che il costo inizialmente atteso (al lordo degli effetti indotti sulle entrate) fosse nell’ordine dei 35 miliardi; a fronte di lavori effettuati tra il 2020 e il 2025, in ragione della fruibilità di questi nuovi benefici in quattro o cinque quote annuali (un lasso di tempo più breve di quello previsto dagli incentivi preesistenti), i riflessi per i conti pubblici avrebbero interessato il periodo 2020-2036, con i maggiori costi concentrati però tra il 2022 e il 2027.

Secondo il Dipartimento delle finanze15 nel tempo le stime dell’impatto complessivamente atteso sui conti pubblici di queste due misure sono state significativamente riviste al rialzo. Nel quadro tendenziale dell’ultima Nota di Aggiornamento del DEF, pubblicata all’inizio di novembre 2022 erano inclusi oneri per circa 19 e 61 miliardi rispettivamente per il Bonus facciate e per il Superbonus. Peraltro, sulla base della sua attività di monitoraggio, lo stesso Dipartimento non escludeva la necessità di un’ulteriore revisione al rialzo delle stime.

Nelle statistiche ufficiali, il profilo temporale degli effetti di bilancio ha risentito di alcuni cambiamenti di natura contabile. Come noto, una recente modifica del Manuale per le statistiche di finanza pubblica in Europa (Manual on Government Deficit and Debt; MGDD, redatto da Eurostat) ha reso necessario riclassificare questi due bonus come crediti d’imposta “rimborsabili” (payable), in virtù del loro regime di cedibilità.

Questo nuovo trattamento contabile non ha alcun impatto sul costo complessivo delle misure, né sul loro effetto sul debito pubblico, ha invece implicazioni rilevanti per la distribuzione temporale della contabilizzazione dei costi nei conti economici annuali delle Amministrazioni pubbliche e in particolare nell’indebitamento netto. Si passa infatti dalla contabilizzazione per cassa (cioè al momento dell’utilizzo dei crediti in compensazione di futuri debiti d’imposta) adottata finora nei dati di consuntivo e nelle previsioni governative a una contabilizzazione per competenza (ossia in un momento prossimo a quello dei lavori edilizi che hanno dato origine ai benefici fiscali).

Le regole statistiche fanno una distinzione tra i crediti fiscali che possono essere rimborsati integralmente e quelli che trovano un limite nell’ammontare del debito d’imposta del contribuente. Nel primo caso si tratta di crediti “rimborsabili” (payable) e come tali vanno registrati nell’indebitamento netto per competenza (al momento della concessione), mentre nel secondo caso si parla di crediti “non rimborsabili” (non payable) che devono invece essere registrati per cassa (nel momento del loro effettivo utilizzo in compensazione dell’imposta dovuta).

La cedibilità (talvolta multipla) dei crediti è una caratteristica molto peculiare che, in linea di principio, aumenta la probabilità che l’intero beneficio fiscale sia utilizzato (indipendentemente dal debito d’imposta del contribuente che lo detiene inizialmente). Nel giugno del 2021, nell’ambito di un parere chiesto dall’Istat sulla contabilizzazione del Superbonus, l’Eurostat aveva annunciato l’avvio di una fase di studio per meglio definire il trattamento dei crediti che possono essere ceduti a terzi.

Tale approfondimento – condotto nell’ambito del periodico aggiornamento delle linee guida statistiche – si è concluso con la predisposizione di un nuovo capitolo del MGDD (pubblicato all’inizio di febbraio) secondo il quale la cedibilità – salvo alcune eccezioni – rende i crediti “rimborsabili”. Uno specifico advice statistico indirizzato da Eurostat al nostro Paese all’inizio di marzo ha chiarito che, in virtù delle loro caratteristiche e delle informazioni disponibili sul loro utilizzo, sia il Bonus facciate sia il Superbonus devono essere considerati come tali e, pertanto, nei conti del 2020-22 devono essere contabilizzati secondo un criterio di competenza.

Per questo motivo, i conti economici pubblicati lo scorso primo marzo dall’Istat sono stati rivisti rispetto al passato, con disavanzi più alti di 0,2 e 1,8 punti percentuali del prodotto rispettivamente nel 2020 e nel 202116. Sulla base delle informazioni rilasciate dall’Istat in occasione dell’audizione sui crediti d’imposta di metà marzo si può peraltro valutare che nei dati di consuntivo per il triennio 2020-22 siano ora inclusi oneri lordi riconducibili al Superbonus e al Bonus facciate per quasi novanta miliardi17. A questi si aggiungeranno in futuro quelli relativi al Superbonus nel 2023-25, il cui importo è tuttavia di difficile valutazione allo stato attuale, date anche le possibili modifiche normative.

I costi netti per l’erario sono minori, in quanto l’onere degli investimenti che si sarebbero verificati anche in assenza dei nuovi incentivi deve essere considerato solo per la quota parte riconducibile al differenziale di aliquota rispetto alle agevolazioni ordinarie. Tali costi sono poi ulteriormente attenuati dalle maggiori imposte e dai contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività economica riconducibile alle agevolazioni.

La nuova modalità di contabilizzazione, oltre al peggioramento dell’indebitamento netto nel 2020-22, comporta una meccanica riduzione del disavanzo nei prossimi anni. Tuttavia, va sottolineato che tale riduzione non ha alcun effetto sulla dinamica attesa del debito pubblico, né “libera” risorse finanziarie per i conti pubblici.

3) Conclusioni

I provvedimenti di incentivazione all’edilizia residenziale adottati nel 2020 rispondevano anche all’esigenza di sostenere il settore delle costruzioni dopo una lunga fase di debolezza, accentuatasi con la crisi pandemica. L’aumento dell’entità delle detrazioni e le modifiche delle modalità di fruizione, con la possibilità di cederle a terzi, hanno accresciuto la domanda di lavori nel breve periodo. Gli interventi di riqualificazione edilizia agevolati con il Superbonus contribuiscono anche, in parte, alla transizione ecologica.

Tuttavia, come da noi sottolineato più volte in passato, tali agevolazioni hanno un costo rilevante per i conti pubblici che va valutato considerando il minore impatto di questa tipologia di investimenti sulla produttività e sulla crescita economica nel lungo periodo rispetto a possibili impieghi alternativi. Inoltre, detrazioni con aliquote pari o superiori al 100 per cento possono accrescere i costi, dato che il contribuente – non partecipando in alcun modo alla spesa o partecipando in modo limitato – non ha interesse a contenerli.

Il costo degli interventi si è rivelato molto superiore alle stime iniziali. Questo conferma gli inconvenienti in termini di trasparenza delle somme effettivamente stanziate e di controllo dei conti connessi con l’utilizzo dei crediti di imposta come strumento di politica di bilancio.

Il moltiplicatore fiscale dell’intervento, per quanto relativamente elevato, verosimilmente non è stato tale da rendere lo strumento a impatto nullo per il conto economico delle Amministrazioni pubbliche.

Andrebbero anche valutati compiutamente gli aspetti redistributivi di queste misure, rivolte ai proprietari di immobili (esercizio al momento complesso con i dati a disposizione). Una recente analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio sui dati delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche mostra che almeno fino al 2020, ossia prima che le detrazioni fossero cedibili, questo tipo di agevolazioni ha favorito i contribuenti con alto reddito. Proprio per la cedibilità, gli effetti del Superbonus potrebbero essere stati meno regressivi, anche se non esistono ancora evidenze sistematiche a riguardo.

Superata questa fase di discussione e ripensamento del Superbonus e delle altre agevolazioni per l’edilizia, andrà fatto uno sforzo per disegnare incentivi in materia di efficienza energetica che siano stabili nel lungo periodo (dovendo produrre effetti coerenti con gli impegni presi dall’Italia in ambito europeo) e sostenibili per le finanze pubbliche; efficienti ed efficaci, cioè in grado da un lato di massimizzare la quota di investimenti “aggiuntivi” e dall’altro di avere un impatto significativo su una quota ampia del patrimonio immobiliare; equi, cioè tali da concentrare le risorse sulle famiglie più bisognose (a beneficio anche della loro efficienza).

Più in generale, andranno messi a fuoco gli obiettivi delle politiche pubbliche in ambito abitativo. Questi ultimi non si limitano ai pur importanti aspetti della sostenibilità ambientale e del sostegno congiunturale al settore edilizio, ma includono anche: l’efficienza dei mercati (delle nuove abitazioni, di quelle preesistenti e degli affitti); la disponibilità di abitazioni di qualità a prezzo accessibile (in primo luogo per le famiglie con redditi più bassi); il rispetto dell’estetica e della qualità delle architetture e dell’urbanistica.

Una volta stabilita l’importanza relativa da dare a questi obiettivi si potrà discutere con quali strumenti sia più agevole e meno costoso raggiungerli, considerando affianco ai trasferimenti e alle agevolazioni fiscali (per quanto possibile indirizzati soprattutto alle famiglie più vulnerabili) anche l’intervento diretto: nel nostro paese l’investimento pubblico nel settore dell’edilizia sociale in rapporto al PIL è inferiore a quello medio nella UE.

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