Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera commenta l’avvio della procedura di infrazione per l’Italia e ricorda che “ai Paesi sotto sorveglianza continua ad applicarsi un vincolo in più: uno Stato sopra il 3% deve comunque ridurre il rapporto debito-Pil, finché rimane in procedura, almeno dello 0,5% l’anno. Ma con delle deroghe che prima non c’erano: la misura del deficit verrà d’ora in poi calcolata escludendo una parte della spesa per interessi e tenendo in conto le spese militari.
Queste deroghe rendono il vincolo un po’ meno stringente. Nelle prossime settimane si aprirà quindi una discussione con l’Europa su quanto l’Italia debba fare per soddisfare questo vincolo, oltre a una discussione su quale debba essere la traiettoria della spesa pubblica per i prossimi sette anni, l’orizzonte delle nuove regole fiscali. Poiché tutto questo è noto da marzo, quando furono approvate le nuove regole, ci saremmo aspettati che il governo avesse già pronta una proposta da inviare a Bruxelles: quanto dell’aggiustamento verrà fatto con la prossima Legge di bilancio e quanto ci si riserva di chiedere alla Commissione in termini di flessibilità sulla spesa per interessi e sulle spese militari.
Finora nulla di tutto ciò è accaduto. Semmai – aggiunge Giavazzi – le novità fiscali di questi mesi, complici le elezioni europee, sono andate nella direzione opposta. L’Ufficio parlamentare di bilancio calcola che «l’aggiustamento richiesto all’Italia per rispettare il nuovo quadro di regole sia di 0,5-0,6 punti percentuali di Pil all’anno su un sentiero di aggiustamento settennale».
La manovra lorda per il 2025 sarebbe quindi pari a 32miliardi (20 da reperire con tagli equivalenti e/o risparmi o spostamenti di altre spese e 10 di taglio del deficit). Ma il ministro Giorgetti non sembra aver fatto i conti con gli effetti della Legge sull’Autonomia differenziata. L’effetto aggregato è che lo Stato dovrà intervenire nelle regioni con gettito in calo, senza avere le risorse necessarie per farlo, che rimangono alle regioni con gettito in crescita più della media. Del problema si è accorto il ministro Calderoli che ha cercato di porvi riparo con un emendamento.
Questo prevede che quel 2%, nel nostro esempio, sia rinegoziato fra lo Stato e la Regione anno per anno: una trattativa politicamente difficile – conclude – in cui io temo che a perderci sarà lo Stato”.