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Michele Brambilla (il Giorno): «Stanno per caderci addosso i frutti marci del lockdown»

«Stanno per caderci addosso i frutti marci del lockdown». Così Michele Brambilla sul Giorno, in un editoriale in cui, citando l’Eurispes, ricorda come «nell’ultimo anno e qualcosa – il tempo appunto trascorso da quando il governo lanciò lo slogan “io resto a casa” – il venti per cento degli italiani ha fatto uso (meglio: ha dovuto far uso) di psicofarmaci. E magari anche di altre cose non proprio salutari, pur di sopravvivere».

«Non si poteva evitare di chiudere, probabilmente. Il lockdown ha salvato molte vite. Ma ne ha avvelenate molte altre, quasi tutte. E proprio adesso che stiamo (si spera) per venirne fuori, facciamo l’inventario dei danni. Soprattutto quelli subìti dai più giovani, bambini e ragazzi».

«Pensiamo a che cosa hanno passato, in questo anno di arresti domiciliari. All’inizio, la paura. Hanno visto i genitori preoccupati. E tutti che parlavano sempre e solo di questo, di un qualcosa che non si conosceva. Sembrava che bastasse un nonnulla per restare contagiati. Noi li guardavamo e pensavamo: ma come sono tranquilli i bambini, che lezione ci stanno dando».

«Invece nessuno può sapere, ancora oggi, che cosa hanno vissuto, che cosa si è fissato nel loro profondo. Che pensieri custodivano? I genitori sarebbero morti? E loro sarebbero rimasti soli? Chissà. La paura. Poi, quando poi si è cominciato a capire che la faccenda era grave ma non apocalittica, è comunque partita la triste contabilità del meno e del più».

«In meno, i bambini e i ragazzi hanno avuto: la scuola, lo sport, le visite di amici, il bar, lo stadio, insomma l’aria, insomma la libertà. In più, hanno avuto tante ore passate davanti a uno schermo: prima per la scuola e poi per il diletto, videogiochi, smartphone, tv. Chi è genitore capisce».

«Ripeto che del lockdown probabilmente – certamente – non si poteva fare a meno. Non è un’accusa contro nessuno, anche se è vero che ci si è preoccupati molto degli anziani (ed è stato giusto) e zero dei giovani e giovanissimi (ed è stato un delitto)».

«Noi almeno andavamo a lavorare. A loro è stato tolto tutto, magari anche per la malavoglia di organizzare un qualcosa, un minimo, fosse pure solo qualche scuolabus in più. Poi può essere che questa sofferenza li aiuterà a crescere. È possibilissimo. Ma visto che li abbiamo tutti dimenticati quando li abbiamo reclusi, non dimentichiamoli adesso che possono tornare a uscire. Potrebbero aver perso l’abitudine».

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