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Marco Bascetta (il Manifesto): «La scuola dopo la pandemia deve essere diversa da prima»

“Pur non potendosi paragonare all’acme di una guerra devastante, la pandemia ha rappresentato e rappresenta uno scarto importante dalle abitudini, dalle possibilità e dalla vita relazionale di una società e delle sue articolazioni tra le quali il mondo della scuola occupa una posizione centrale”.

Lo ricorda Marco Bascetta sul Manifesto spiegando che “il danno subito che gli studenti denunciano è reale e tutt’altro che irrilevante.

Non solo sul lato psicologico, quello solitamente più citato, ma anche e soprattutto per la rimozione, ricorrente negli ultimi due anni, di quel tessuto relazionale e di quelle interazioni (fisiche, emotive, a volte culturalmente illuminanti) che eccedono i contenuti e le procedure dell’insegnamento, ma costituiscono un fattore decisivo nello sviluppo della soggettività e della vita pubblica.

I ministri della pubblica istruzione incarnano, da tempo quasi immemorabile, il massimo di ideologia che un governo occidentale possa permettersi, incuranti dei risultati miseri quando non disastrosi delle riforme a cui legare il proprio nome, come i grandi medici tedeschi del passato a quello di una malattia.

Tutti convinti di agire ‘all’altezza dei tempi’ che però non mancavano puntualmente di contraddirli. Non stupisce allora – spiega l’editorialista – che il ministro Bianchi pretenda, nel perseguire il suo modello dirigista di ‘maturità’, di prescindere non solo dal punto di vista di chi empiricamente vive la realtà della scuola, ma anche dal contesto anomalo e disagevole rappresentato dalla pandemia.

Gli studenti delle scuole superiori, mobilitati in massa in tutto il paese a partire da una condizione vissuta, riportano in vita la più sensata tra le forme della politica, quella che passa al contropelo i precetti delle ideologie dominanti e il senso comune che si trascinano dietro. Il primo obiettivo delle mobilitazioni è infatti l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e, a maggior ragione, della sua obbligatorietà.

Partorita dal modernizzatore di turno quando tra apprendimento, conoscenza e lavoro solo la più retriva delle ideologie si ingegnava ancora a tracciare confini, l’alternanza oscilla tra fantasie reazionarie e simulazione propagandistica, con possibili esiti tragici come purtroppo abbiamo visto.

Del tutto estranea all’articolazione reale delle forze produttive questa “riforma” si aggiunge alla lunga lista delle misure dedicate all’impossibile compito (per fortuna) di adeguare il mondo della scuola alla domanda delle imprese. Con il risultato – conclude – di impoverire il primo e di confermare le seconde nella propria conservativa autoreferenzialità”.

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