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Marcello Sorgi (La Stampa): «Dalle elezioni amministrative arrivano indicazioni per quelle politiche del 2023»

“Dal particolare al generale: le amministrative, si sa, come qualsiasi mini-test sono l’occasione in Italia per ragionare sulle politiche, peraltro imminenti”.

Lo ricorda Marcello Sorgi sulla Stampa che esamina la situazione nei due schieramenti con un occhio alla scadenza del 2023: “Ovviamente ricavare da risultati limitati e locali indicazioni da spendere nel futuro si può sempre; meno utile è affidarsi a certezze effimere, che possono essere smentite.

Un’attenta analisi dei risultati stavolta non può che confermare le criticità attraversate dalle due coalizioni anche prima del voto: facendo temere che, se le cose non cambieranno, ed è difficile, lo sbocco più probabile delle elezioni del 2023 potrebbe essere simile a quelli del 2013 e 2018: cioè la ‘non vittoria’, come la definì Bersani che la sperimentò per primo, di ciascuno dei due schieramenti.

E la conseguente difficoltà di formare una maggioranza in Parlamento, al di là di formule avventurose come il governo gialloverde 5 stelle-Lega del 2018-19, affondato da Salvini nella crisi del Papeete.

A questa prospettiva – scrive Sorgi – concorre nel centrodestra lo stato preoccupante dei rapporti tra i tre leader, Berlusconi, Salvini e Meloni, che si ripercuote localmente in una serie infinite di “liti tra comari”, incomprensibili quanti irrisolvibili. Ma anche dall’altra parte la situazione non è rosea.

Se il centrodestra vince quando è unito, e non lo è quasi mai, il centrosinistra vince talvolta anche quando non dà grandi prove di unità, ma a condizione, appunto, che il centrodestra sia diviso.

Sarà pur vero che il “campo largo” è l’unica strategia possibile per Letta, perché gli consente di tenere insieme senza chiarimenti programmatici preventivi, come ai tempi dell’Ulivo, le forze più disparate.

Ma è vero altrettanto che ciò che si è realizzato in molte città, all’ombra di una dimensione “civica” che talvolta ha richiesto ai partiti di rinunciare ai loro simboli, è irripetibile a livello nazionale.

In conclusione viene da chiedersi se davvero sia un male – ammesso che si verifichi – che anche le elezioni del 2023 si concludano senza vincitori né vinti.

E la risposta, da pronunciare sottovoce e al momento opportuno, è che non è affatto detto che lo sia. Se – conclude l’editorialista – serve a garantire a Draghi di poter portare a termine il proprio lavoro in anni, come i prossimi, meno affollati di scadenze elettorali, e se può essere utile ai partiti per rigenerarsi, ben venga la ‘non vittoria’”.

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