“Per quanto riguarda il 41 bis l’importante è che non sia a vita, perché ad un certo punto con il passare del tempo un detenuto rompe i contatti con la criminalità organizzata o con l’organizzazione di appartenenza, si attenuano i rapporti. Bisogna avere presente che il fine pena mai, il fine 41 bis mai sarebbe sbagliato. Però mettere da parte questo strumento lo considero un rischio troppo grande”. A dirlo è Luciano Violante, magistrato, già presidente della Commissione parlamentare antimafia, a margine de primo festival del management organizzato dall’Università Bocconi di Milano. “Cospito ha fatto attentati non da poco – aggiunge – Quindi bisogna aspettare una strage per reagire? Mi sembrerebbe sbagliato”.
“Da quello che vedo – prosegue parlando di Cospito – è stato trasferito in un centro dove possono curarlo e questo è un fatto positivo importante. La mia opinione è che nessuno è mai perduto per sempre, quindi bisogna stare attenti, evitare che ci siano rapporti tra le persone pericolose e le organizzazioni di appartenenza, però bisogna sempre fare un bilanciamento tra rischi e limiti. Mi pare che il tipo di atteggiamento che è stato assunto, cioè curare la persona nel posto giusto, è una cosa adeguata”. Se serva una maggiore umanizzazione del 41 bis, per Violante “il problema di fondo è evitare che ci siano rapporti col mondo esterno. Quello che evita questo è importante, ciò che è un di più rispetto a questo è sbagliato, ma questo va visto caso per caso”.
“Quello che è molto importante – conclude – è anche spostare le persone da un carcere all’altro, perché può darsi che ci siano in corso dei rapporti che possono produrre dei danni”.