C’è una bomba a orologeria pronta a esplodere, che in Italia potrebbe essere quanto mai dolorosa, visto che il Paese si prepara a passare sotto le forche caudine della riforma del Patto di Stabilità.
Il suo nome, debito pubblico, è noto da sempre, ma la portata del fenomeno potrebbe avere una magnitudo mai vista prima.
Secondo il rapporto annuale Sovereign Debt Index della società di gestione Janus Henderson, consultato in anteprima da MF-Milano Finanza, il debito pubblico mondiale è balzato, lo scorso anno, alla cifra record di 66.200 dollari (+7,6% annuo), più del doppio rispetto al 2011.
Nel 2025 questo valore raggiungerà, secondo le previsioni, i 77.200 miliardi, il 79% del pil.
In Italia è arrivato a 2.980 miliardi di dollari, con la prospettiva di sfondare i 3.300 miliardi nel 2025.
Rispetto al passato c’è però una differenza sostanziale per i decisori delle politiche pubbliche.
Se infatti fino al 2021 ci si poteva indebitare in modo praticamente gratuito, o comunque a costi molto ridotti, dallo scorso anno si è cominciato ad assistere a un’impennata del costo del debito.
Nel 2022 il costo degli interessi per gli Stati del globo è salito di oltre un quinto (+20,9%), raggiungendo la cifra record di 1.380 miliardi.
Un valore che incorpora sia l’aumento dei tassi che quello dei prestiti sovrani, e che riflette l’aumento più rapido dal 1984.
Se si considera invece il tasso di interesse effettivo, che calcola il costo per interessi nell’arco dell’anno diviso per il debito e comprende i prestiti più vecchi (e meno onerosi), il valore è cresciuto nel corso del 2022 arrivando al 2,2%, con la previsione di toccare il 3,8% nel 2025 (quasi tre quarti in più in soli tre anni): questo perché verranno emessi nuovi bond a tassi più elevati e verrà ritirato vecchio debito meno costoso.
Insomma, questo stock di debito sempre più costoso è una vera e propria spada di Damocle che pende sulle teste dei governi.
Entro il 2025, calcola Janus Henderson, gli Stati dovranno spendere 2.800 miliardi in interessi, più del doppio rispetto al 2022.
Il costo aggiuntivo sarà pari all’1,2% del pil: una coperta corta che costringerà i decisori pubblici a operare tagli alla spesa pubblica o decisi aumenti delle imposte.
Gli Stati Uniti, che lo scorso anno hanno rappresentato oltre la metà dell’incremento di debito mondiale, sono i più esposti.
E poi ci sono le perdite nel portafoglio titoli delle banche centrali costituite durante gli anni di quantitative easing, “che dovranno essere coperte con i soldi dei contribuenti”, si legge tra le righe dello studio, “mentre prima del 2022 i proventi di queste obbligazioni pagati dalle banche centrali andavano a finanziare la spesa pubblica”.
L’Italia, in questo scenario, resta tra i Paesi più vulnerabili.
Come noto, ha il secondo debito pubblico in Europa (dopo la Grecia), pari al 146% del pil anche se in calo rispetto al 155%, picco raggiunto durante la pandemia.
“Il debito totale nel 2022 è salito del 4%, un aumento inferiore rispetto ad altri Paesi in Europa e nel mondo”, riconosce Federico Pons, country head per l’Italia di Janus Henderson Investors, che però sottolinea un’altra nota dolente: “Metà del debito italiano dovrà essere rifinanziato nei prossimi tre anni e, come altri governi europei, l’Italia dovrà anche sostenere la sua quota di perdite della Bce nell’ambito del piano acquisti del quantitative easing”.
Considerando anche i tassi di interesse del mercato, più alti rispetto al resto del continente, la società di gestione prevede che l’Italia possa essere più vulnerabile di altri a una spirale di debito insostenibile.
Al di là del quadro molto fosco c’è un modo per trarre vantaggio dallo scenario.
“Nel prossimo anno i rendimenti delle obbligazioni dovrebbero diminuire, il che significa che i prezzi aumenteranno”, segnala Jim Cielinski, global head fixed income di Janus Henderson.
I bond a breve scadenza “offrono attualmente rendimenti maggiori perché sono più legati ai tassi delle banche centrali”.
Ma il margine di guadagno “è maggiore per le obbligazioni a lunga scadenza, per le quali prevediamo un’ottima performance nel prossimo anno, quando l’economia sarà sotto pressione”.