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Le riforme che pochi vogliono | L’analisi di Angelo Panebianco

“Déjà-vu. Urla e strepiti come al solito ma è possibile che alla fine la proposta del premierato finisca nel dimenticatoio”. Così Angelo Panebianco sul Corriere della Sera sottolineando che ciò confermerebbe “quello che pensarono molti quando conobbero i risultati del referendum costituzionale del 2016 (sessanta per cento dei votanti a favore dello status quo), ossia che la nostra forma di governo è immodificabile. Chiediamoci perché la forma di governo sembri immodificabile. Quali forze sono all’opera per renderla tale?

Persino chi si inchina di fronte alla Costituzione non può non riconoscere che sessantotto governi in settantasei anni (dal ’48 ad oggi) sono un po’ troppi (o no?). Spesso, chi nulla vuole cambiare della forma di governo, ribatte: «Ma che c’entra la Costituzione? È la politica la causa dell’instabilità governativa». Si tratta di una sciocchezza, ovviamente. Chi sostiene ciò non si avvede che sta di fatto sostenendo l’irrilevanza (fatta salva la tutela delle libertà individuali) della Costituzione.

Ma il «club Bella ciao» -dice Panebianco – conterebbe ben poco se non fosse sostenuto da corposissimi interessi per i quali è vitale conservare lo status quo costituzionale, mantenere una forma di governo che assicuri a questi stessi interessi ciò di cui essi hanno bisogno: l’instabilità governativa per l’appunto. Ma, a parere di chi scrive, più degli interessi politico-partitici contano certe forze istituzionali e sociali, le quali dispongono di un potere di veto o di interdizione sulle politiche governative, un potere di veto che la forma di governo vigente assicura e ha sempre assicurato.

Chi occupa posizioni apicali nella pubblica amministrazione o nelle magistrature di ogni ordine e tipo, vedrebbe drasticamente ridotto il proprio margine di manovra e il proprio potere di interdizione nei confronti dei governi se si affermassero condizioni istituzionali volte a favorire la stabilità e la durata degli esecutivi. In qualsiasi agenzia pubblica o para-pubblica, coloro che occupano posizioni direttive e che non ricadano nell’ambito dello spoil system all’italiana, molto plausibilmente, preferiscono governi deboli. Più debole è il governo, più forza e libertà di manovra essi possiedono.

Ciò vale anche per la miriade di interessi sociali ed economici grandi e piccoli che – conclude – si sentono tutelati dal fatto di potere sfruttare a proprio vantaggio le divisioni nella classe politica di governo e la precarietà degli esecutivi”.

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