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La separazione delle carriere può aiutare la giustizia | L’analisi di Serena Sileoni

Serena Sileoni, sulla Stampa, affronta il tema della separazione delle carriere, sottolineando come questa riforma potrebbe “aiutare la giustizia”.

“Tre anni fa, nel suo secondo discorso di insediamento da Presidente della Repubblica, Mattarella ha detto al Parlamento che «un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia», verso la quale il sentimento di fiducia dei cittadini appare fortemente indebolito.

A indebolirlo sono stati, negli anni, due fenomeni diversi e collegati: il correntismo e il circo mediatico giudiziario.

Rispetto a entrambe queste degenerazioni, la riforma dell’autogoverno dei giudici non sarà certo risolutiva, ma sarà utile a rafforzare la fiducia e la non diffidenza verso la giustizia e l’ordine giudiziario di cui pure ha parlato il Presidente Mattarella.

Quanto al primo – osserva l’editorialista – se è vero che già ora vigono forti limitazioni al passaggio di funzioni, la carriera ancora unica restituisce all’opinione pubblica l’idea che la magistratura inquirente abbia una posizione equivalente a quella giudicante.

Che le decisioni di un Pm siano già sentenza.

Che le indagini siano già processo.

Che l’indagato sia già condannato.

Gli effetti di questa mediatizzazione, le cui responsabilità gravano anche nel mondo del giornalismo e della politica, non sono stati solo i processi sui giornali, ma anche alcune scelte legislative, come quelle sulla decadenza e l’incandidabilità degli indagati.

Quanto al correntismo, il sorteggio non rappresenta una garanzia assoluta rispetto alle logiche di appartenenza, che possono sorgere anche successivamente alla composizione dei Consigli.

Tuttavia, ridurrebbe il potere attuale delle correnti e il loro condizionamento nello svolgimento delle funzioni dei Csm.

Soprattutto, sanerebbe l’attuale anomalia di un sistema che solo per pudore nominalistico viene definito correntizio e non politico.

Se c’è un limite della riforma casomai – conclude – quello di non garantire un ordine di grandezza alla lista di sorteggiabili che il Parlamento, in prima battuta, elegge, o di non separare i concorsi per l’accesso alle due carriere.

Dettagli importanti, anche per una riforma sul filo dei simboli”.

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