La guerra in Ucraina e le lezioni per il mondo.
Ne parla Federico Rampini sul Corriere della Sera: “Sul fronte energetico – scrive l’editorialista – l’Europa partiva da una drammatica dipendenza dalle forniture russe di gas e petrolio.
Profeti di sventura denunciarono come dissennate le sanzioni e pronosticarono un’Apocalisse da penuria energetica.
Non è accaduto, perché una cooperazione virtuosa tra Commissione Ue, governi nazionali, e sistema delle imprese, ha diversificato le fonti di energie fossili, ha aumentato il peso delle rinnovabili, ha ridotto consumi e sprechi.
Il paradosso è che qui la guerra ha finito per renderci più sicuri.
Al tempo stesso la guerra ha contribuito a ricordarci che di energie fossili avremo bisogno ancora per un bel po’.
Certe rigidità della transizione verde pianificata da Bruxelles hanno subito un rigetto alle elezioni europee e nazionali.
La guerra ha provocato uno shock più serio sul fronte delle derrate agroalimentari visto il ruolo di Russia e Ucraina nel commercio mondiale di grano.
I Paesi ricchi – sottolinea Rampini – hanno assorbito l’urto, ma in quelli emergenti le tensioni inflazionistiche contribuiscono a rivolte e instabilità politica.
Il modello non sono le prediche astratte di tecnocrati e ong innamorati dell’agricoltura biologica (che riduce i raccolti) ma la madre di tutte le «rivoluzioni verdi»: la modernizzazione dell’agricoltura indiana che ha trasformato un subcontinente affamato in una superpotenza esportatrice di cibo.
Un altro settore dove la guerra impone una svolta pragmatica, è l’estrazione mineraria.
In particolare per terre rare e metalli strategici, molti dei quali indispensabili alla nuova economia decarbonizzata.
L’Occidente deve riaprire miniere dismesse, inaugurarne di nuove.
Poi c’è la partita diplomatica.
Non c’è ragione per illudersi sulla volontà di Putin di sedersi a un tavolo di negoziato, se non dopo aver dissanguato la nazione ucraina riducendola a subire diktat.
Però un esercizio utile parte da una ricostruzione del passato: quando, come e perché la diplomazia fallì, prima che Putin passasse alle armi.
L’ultima lezione in sospeso – conclude – è sulla consapevolezza che dovremo saperci difendere, con o senza l’America, perché il mondo non è avviato verso un futuro di pace e stabilità”.