Sulla Stampa Gabriele Segre indica una soluzione per l’attuale crisi della democrazia, gravemente malata.
Le notizie più recenti sul suo stato di salute – scrive – sono arrivate dal Brandeburgo, dove la Germania è riuscita a rallegrarsi per il fatto che sia rimasto un sottilissimo 1, 7% a separare i vincitori socialdemocratici dall’estrema destra di AfD.
E tutto ciò mentre il terzo posto del partito della sinistra radicale Bsw ci ricorda quanto il populismo possa prescindere dal colore politico.
È piuttosto naturale che la democrazia presenti qualche acciacco, considerando da quanto tempo regola la vita dei cittadini in questa parte del mondo.
Tuttavia, ciò non rende la questione meno allarmante soprattutto perché le cause del malessere sono tanto evidenti quanto disarmanti: la democrazia ha smesso di rispondere alle nostre aspettative.
Non si tratta solo di benessere economico, ma di prospettive: i genitori non vedono i propri figli progredire nell’ascesa sociale che sembrava destinata a ogni generazione, né i giovani sembrano pronti a «mangiarsi il futuro» che un tempo appariva come un’opportunità, ma che ora è sempre più percepito come una minaccia.
Quando queste forme di delusione si accumulano, assistiamo a un rigetto dello spazio democratico che, col tempo, finisce per autoalimentarsi: più cresce la sfiducia nella democrazia meno essa riesce a rispondere alle aspettative.
Tuttavia, evitare di demonizzare tali manifestazioni contribuirebbe a rafforzare la cultura democratica.
La guarigione non avverrà trattando le forze antidemocratiche come se fossero elementi estranei al corpo che le ha generate.
Ancora peggio sarebbe ignorarle, tentando di isolarle nell’illusione che la società plurale possa guarire da sola, oppure, all’opposto, dando quest’ultima per spacciata, priva ormai di ogni forza per reagire. Allora sì che saremmo veramente nei guai.