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La crisi dei migranti e il suo peso nelle elezioni europee | Lo scenario di Paolo Pombeni

La crisi dei migranti – commenta sul Messaggero Paolo Pombeni – sta mostrando che le dinamiche nei Paesi della Ue sono assai simili: tutti i partiti guardano alle elezioni europee e fanno i conti con opinioni pubbliche in cui la quota di oppositori e spaventati dall’incremento degli sbarchi in Italia è senz’altro cospicua. Così puntare a governare efficacemente un’emergenza riconosciuta da tutti diventa un’impresa più che difficile. Emblematica la posizione del ministro dell’interno francese Darmanin: un giovane leone delle nuove generazioni politiche accreditato di lavorare per una possibile candidatura presidenziale quando scadrà il mandato di Macron (nel 2027).

Mostrarsi risoluto nel rifiutare di concorrere ad assorbire i nuovi flussi che approdano sulle nostre coste è diventato per lui una specie di bandiera identitaria. Se dicessimo che è una versione di leghista di Pontida alla francese, non saremmo poi così fuori strada, mutando naturalmente quei particolari di schieramento che vanno cambiati. Del resto è più o meno la posizione di tutti i 27 governi, perché non ne abbiamo visto ancora uno disposto a rivedere a fondo quell’accordo di Dublino che è all’origine di tutti i contenziosi.

Un accordo che impedisce serie ed efficaci politiche redistributive: registrazione degli sbarcati nel paese di approdo, in gran parte sulle nostre coste, significa far ricadere su di noi il dovere del respingimento di chi non ha i requisiti. Detto chiaramente: una azione pressoché impossibile visto che pochissimi fra i paesi d’origine accettano i rimpatri e anche in quei rari casi solo in numero molto limitato. La scappatoia da parte di vari leader europei, perché di questo si tratta, è dichiararsi disposti a tutelare le nostre frontiere finalmente riconosciute come frontiere dell’Europa.

Non è poco, è un passo avanti che può dare frutti in futuro, ma che per il momento porta solo a tentare di mettere in piedi azioni di respingimento in mare la cui fattibilità, soprattutto senza cooperazione dei paesi africani di partenza, è più che dubbia.

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