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Il Coronavirus travolge pure Assad. “Mai così vulnerabile, l’economia della Siria è al collasso”

Un regime mai così vulnerabile. Il presidente siriano Bashar al-Assad si trova ad affrontare alcune delle più grandi sfide degli ultimi nove anni di   guerra: l’economia del Paese è al collasso, nei rapporti con la Russia  – suo principale alleato – si vedono affacciare le prime tensioni e la  vicenda del cugino Rami Makhlouf ha portato alla luce una frattura all’interno del suo clan.        

Se i ribelli non rappresentano più una minaccia, assediati nella provincia nordoccidentale di Idlib, e all’orizzonte non sembrano palesarsi seri contendenti alla presidenza di un Paese governato dagli  Assad negli ultimi 50 anni, il fronte lealista unito e compatto che ha permesso al regime di schiacciare l’opposizione sta iniziando a mostrare delle crepe.        

A anche il rapporto con l’alleato russo non sembra solido come in passato. Non sono passate inosservate le prime critiche al governo di   Damasco pubblicate da alcuni media vicini al presidente Putin.

Ma è l’economia il vero grande problema oggi per Assad. La crisi, acuita dal lockdown imposto per limitare la  diffusione del coronavirus, ha portato alla povertà un numero di   siriani senza precedenti nella storia recente.

E né la Russia né l’Iran sono in grado di iniettare i miliardi di dollari di cui la  Siria ha bisogno per la ricostruzione. Nonostante ciò Assad continua a  respingere quelle riforme politiche che potrebbero aprire le porte a   finanziamenti occidentali e del Golfo.        

I recenti segnali di ribellione nella provincia meridionale di Daraa   dimostrano la presenza di un potenziale per una nuova insurrezione   anche in aree riconquistate dal governo.        

Secondo Lina Khatib, del think tank di Londra ‘Chatham House’, Assad   potrebbe essere più vulnerabile ora che in qualsiasi altro momento degli ultimi nove anni di guerra. “Assad dipende fortemente dal sostegno iraniano e russo. Non ha risorse interne per i suoi   sostenitori. Non ha legittimità internazionale e non ha il potere   militare che aveva prima del conflitto – ha affermato – Non è mai   stato tanto vulnerabile”.

Lo scontro con suo cugino Rami Makhlouf, uno   degli imprenditori più ricchi del Paese e co-proprietario della   compagnia di telecomunicazioni siriana ‘Syriatel’, è un sintomo dei   dissidi interni al regime. Il ministero delle Finanze nei giorni   scorsi ne ha annunciato la confisca dei beni per non aver pagato tasse  ed imposte per oltre 600 milioni di dollari.      

 In una serie di messaggi sempre più minacciosi, Makhlouf ha accennato   alla sua capacità di devastare l’economia siriana attraverso il   controllo di una rete di società che danno lavoro a migliaia di persone tra cui appunto Syriatel, la più grande azienda della nazione.  

“Non mi sono arreso durante la guerra – ha detto nel video più recente  pubblicato la scorsa settimana su Facebook – Credete che mi arrenderò   in queste circostanze? Si vede che non mi conoscete”.        

L’attacco a Makhlouf sembra far parte di un piano più ampio del regime  per costringere le nuove potenti elite imprenditoriali siriane che   hanno approfittato della guerra a mettere al servizio del Paese parte   del loro denaro per sostenere un’economia in difficoltà. 

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