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Il Cardinale Zuppi: “La Chiesa non deve essere un museo. Ci siamo presi la responsabilità di costruire la pace” | L’esclusiva

Dialogo esclusivo tra il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) e Luigi Balestra presidente dell’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia e giurista.

Cardinale Zuppi grazie per la disponibilità concessa all’Osservatorio Riparte l’Italia. La guerra in Ucraina, i cui effetti nefasti sono sotto gli occhi di tutti, ha visto la Chiesa attivarsi in iniziative importanti; lei è stato protagonista di una missione a Kiev. Quale lo spirito?

La missione nasce dalla preoccupazione del Papa, il quale non intende rassegnarsi accettando in modo fatalistico la guerra. Senza la ricerca della pace cresce solo la logica della guerra!  Si tratta di un conflitto terribile e pericolosissimo. I conflitti si risolvono diversamente, questo lo spirito che ha animato la missione. Abbiamo parlato di pace, quale obiettivo che deve essere da tutti condiviso.

Si può dunque profilare un’attività di mediazione da parte della Chiesa?

La Chiesa tradizionalmente non media se non richiesta da tutte le parti. L’obiettivo era di portare un messaggio di pace e di ascoltare, favorire, incoraggiare e se serve prendersi responsabilità. Ma anche farle prendere! 

Pandemia, guerra, questioni climatiche e ambientali. Fenomeni dirompenti, i quali si risolvono in un attentato costante al benessere degli individui. Come uscirne?

Una delle parole chiave è la consapevolezza. Papa Francesco richiama non da oggi l’attenzione di tutti sulla consapevolezza. Essa deve riguardare l’impatto, i cui termini dono quanto mai devastanti, di tutte le pandemie; non solo il covid, ma anche la guerra e l’emergenza climatica devono essere riguardate, come Papa Francesco ha sottolineato, alla stregua di fenomeni pandemici, i quali generano divari sociali ancor più profondi. Per uscirne allora, accanto alla consapevolezza, occorre la collaborazione di tutti, così come è avvenuto in occasione del rapido varo dei vaccini.

Il problema è che lo spirito collaborativo, che costituisce l’unica modalità di approccio per la risoluzione dei problemi, finisce subito appena terminata l’emergenza, cosicché ciascuno ritorna a gestire in modo del tutto solitario il futuro. Non c’è futuro se non c’è un vero spirito di comunità.

In questo siamo molto indietro, perché abbiamo poca consapevolezza sia dei grandi problemi, nonché dei relativi rischi, sia del fatto che se ne può uscire solo tutti insieme.

Gestire insieme significa anche affidarsi alle istituzioni sovranazionali?

Non v’è dubbio. Così come è accaduto all’indomani del secondo conflitto mondiale, allorquando – anche grazie all’importante supporto rinvenibile nella Costituzione – ci si è risollevati grazie a una visione che ha valorizzato meccanismi sovranazionali.

Giovani, educazione e valori. Una serie di episodi narrano di una gioventù che in frange non piccole appare spesso allo sbando, insensibile rispetto a una cultura del rispetto degli altri. Qual è il suo pensiero al riguardo?

Se ci si volge a guardare al futuro si tratta di uno dei grandi temi che si pongono all’attenzione di chi è chiamato ad effettuare delle scelte. È importante pensare a itinerari di formazione; al tempo stesso occorre concepire percorsi di avvio al lavoro adeguati. La lotta al precariato e alla sicurezza nel mondo del lavoro deve rappresentare un elemento fondante delle scelte future. Siamo molto dichiarazionisti, parliamo, ma siamo carenti nella progettazione del futuro dei giovani.

Si ha sovente l’impressione di una sofferenza crescente, non solo legata alla povertà, che colpisce strati sempre più significativi della popolazione. Quale è la sua idea al riguardo?

La fatica, le paure, le incertezze, causano tanta sofferenza. Occorre attentamente riflettere, la pandemia ci ha offerto un’occasione importante per approntare dei rimedi. Dobbiamo dare la dimostrazione di essere in grado di affrontare con passione e spirito di servizio le sfide che il futuro ci sta proponendo. In questo anche i cristiani sono chiamati a rivestire un ruolo che sia realmente rispondente alle attese della collettività.

Quanto è importante far leva su un’etica virtuosa dei comportamenti?

Direi fondamentale, quello che abbiamo e sappiamo fare deve servire anche agli altri. Non è solo l’etica cristiana. La proprietà, per fare un esempio, perché io la viva bene deve avere un senso comune. Vi deve essere piena consapevolezza che ogni comportamento ha una ricaduta sulla collettività. Pure nell’individualismo più assertivo ognuno ha comunque bisogno degli altri, non è una monade. Anche quando si è iperaccessoriati e ipercollegati, solo la comunità è in grado di consentire la realizzazione dell’individuo. Si è smarrita l’idea di responsabilità collettiva, pensiamo che tutto quanto finisca con me e dentro di me. Ho invece bisogno degli altri per capire le mie scelte; vi è l’esigenza di avere piena percezione dell’utilità comune per capire la responsabilità. 

Gli stili di vita affermatisi con il tempo mortificano sempre più l’idea di comunità; occorrerebbe una seria analisi, idonea a far sì che l’etica faccia realmente da sfondo all’azione di tutti coloro che hanno il potere di orientare scelte e coscienze.

Qual è lo stato di salute della Chiesa?

Stiamo andando verso il Sinodo, bisogna fuoriuscire, in quanto distorsiva, da una lettura della Chiesa che poggi su categorie vecchie ed ideologiche. La Chiesa è comunione; deve guardare al futuro, non deve perdere le proprie tradizioni, ma non deve nemmeno diventare un museo. Deve comunicare agli individui di oggi; il rischio è che si parli o un linguaggio che non viene compreso o, al contrario, che non si dica niente.   

Una questione che agita l’intera collettività è rappresentata dagli scandali che in tante occasioni hanno interessato la Chiesa. Possiamo affermare che c’è un nuovo corso sotto il profilo dell’approccio al tema? 

E’ un fenomeno che riguarda la Chiesa intera, di fronte al quale Papa Francesco ha messo tutti di fronte alle responsabilità; il messaggio che si è inteso fornire è che non vi deve essere alcuna opacità. Occorre cambiare perché le enormi sofferenze provocate alla gente coinvolta non si ripetano più. Voglio sottolineare con forza che è interesse della Chiesa combattere ogni forma di abuso e di pedofilia.

Grazie Eminenza.

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