“Il calo a luglio dell’indice destagionalizzato della produzione industriale non è soltanto un problema congiunturale.
La serie negativa è anche su base annuale”.
Lo scrivono Giuseppe Travaglini e Alessandro Bellocchi sul Manifesto parlando di ‘un declino che fa crescere le disuguaglianze’: “Rispetto al mese di settembre 2023 – osservano i due editorialisti – quello che si osserva è un vero e proprio tracollo dell’attività industriale italiana.
Un salto all’indietro.
Uno scivolamento all’indietro del sistema produttivo nazionale che rischia di relegare l’economia italiana ai margini della competizione globale.
Una inascoltata sirena d’allarme sempre più preoccupante, anche alla luce del rallentamento europeo, con la profonda crisi del settore automobilistico tedesco, che trascina con sé anche la produzione italiana di beni intermedi, inclusa la componentistica auto (-7%).
Cosa attendersi?
L’Italia e i Paesi europei si trovano oggi in una posizione fragile, schiacciate, tra l’incudine e il martello degli Stati uniti e della Cina, detentrici di tecnologie avanzate, know-how e risorse.
Sono questi i fattori strategici che consentono oggi il controllo delle catene di valore mondiali, dello sviluppo e della fornitura.
Il modello italiano, da tempo vulnerabile nelle stesse filiere produttive europee, e più di esse, rischia, in assenza di politiche industriali, di accumulare un ritardo non più colmabile nella competizione internazionale.
Serve una politica industriale.
L’indice Istat della produzione industriale – ricordano – è il termometro che misura lo stato di salute dell’attività economica.
Anticipa di qualche mese la dinamica del Pil.
Con una crescita modesta (se non nulla) i margini per la prossima manovra di bilancio saranno sempre più stretti.
Anche alla luce del nuovo Patto di Stabilità firmato dal Governo Meloni.
Una coperta corta che rischia di de-finanziare ulteriormente aree cruciali della spesa sociale e degli investimenti pubblici, come è già accaduto in questi mesi con i tagli al sistema sanitario, educativo ed universitario.
La manovra «seria ed equilibrata» di bilancio annunciata dal ministro dell’economia Giorgetti non sembra perciò essere la chiave per fermare il declino del sistema industriale italiano.
Serve un cambio di passo, un modello di sviluppo che ponga al centro investimenti, formazione e lavoro di qualità.
Per evitare la lenta agonia”.