«Per la prima volta, perché non è mai successo prima, i giovani professionisti scendono in piazza insieme. Questa unione è la cosa che ci rende più felici in questo momento. E siamo uniti nel chiedere interventi di sostegno subito, altrimenti i giovani professionisti verranno spazzati via. Ma non vogliamo privilegi, solo pari dignità nelle misure di sostegno per l’emergenza coronavirus a partire dal contributo a fondo perduto». Fabrizio Bontempo, presidente nazionale dell’Associazione giovani consulenti del lavoro, tra i promotori della protesta messa in campo dai giovani professionisti in piazza Montecitorio a Roma, racconta i motivi che hanno spinto architetti e assistenti sociali, avvocati e consulenti del lavoro, geometri e ingegneri, notai e periti industriali, a presentarsi davanti ai palazzi della politica per chiedere di non essere ignorati, la politica non si rende conto che se si fermano i professionisti si ferma il Sistema Paese, e per presentare un ‘Manifesto con 5 richieste al governo’.
I professionisti sono attualmente più di 2,3 milioni e rappresentano una parte rilevante del mercato del lavoro italiano, contribuendo alla formazione del 14% del prodotto interno lordo. Di questi, i giovani professionisti under sono il 40%. «E siamo stati dimenticati dalla politica – spiega Bontempo – nei provvedimenti contro l’emergenza coronavirus. Siamo cervelli che hanno deciso di restare in Italia, abbiamo studiato, ci siamo laureati, abbiamo fatto l’esame di Stato, abbiamo investito sulla nostra professione e adesso ci ritroviamo ad essere quelli a più a rischio tra i professionisti perché ancora non abbiamo le spalle solide e studi avviati e rischiamo di rientrare nel 20% dei colleghi che si cancelleranno dagli ordini da qui a due anni, secondo le analisi delle casse di previdenza».
Tante storie tra i professionisti in piazza, un unico denominatore: non arrendersi e continuare a inseguire il sogno per il quale sono stati fatti tanti sacrifici. «Durante il lockdown – racconta Bontempo – c’è chi si è fermato, come gli avvocati, e chi invece ha lavorato senza sosta, come i consulenti del lavoro e gli assistenti sociali. Ma è anche vero che molti colleghi hanno sì lavorato, ma gli incassi sono incerti perché aziende che non hanno lavorato non hanno i soldi per pagare i professionisti. Noi crediamo che il contributo a fondo perduto sia assolutamente un supporto per i professionisti, per i giovani più che altro perché sono quelli che hanno patito più degli altri la pandemia», sottolinea.
«Siamo tutti iscritti alle categorie professionali – spiega Bontempo – e quindi il Manifesto che è stato presentato dai consigli nazionali lo condividiamo in pieno. Principalmente i punti che noi giovani abbiamo identificato nel Manifesto e che vogliamo portare avanti sono sicuramente la riduzione della pressione fiscale, che può aiutare, pari dignità nelle misure di sostegno, come appunto il contributo a fondo perduto, e poi sicuramente essere più considerati per le competenze che abbiamo».