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Massimo Giannini (La Stampa): «Tutte le contraddizioni del Governo mentre risale il virus»

Dal governo arrivano segnali contraddittori, che coincidono proprio con il «momento in cui il virus riprende forza e Omicron si diffonde». Lo sostiene Massimo Giannini, direttore del quotidiano La Stampa, chiedendosi il perché di queste brusche manovre. «Vorremmo capire perché, nonostante le promesse che lo stesso premier aveva fatto nel penultimo Consiglio dei ministri, l’ultimo Cdm abbia invece rinunciato all’estensione del Super Green Pass in tutti i luoghi di lavoro che avrebbe coinvolto 23 milioni di persone» prosegue Giannini.

«Vorremmo capire perché sono state pensate regole così lunari sulle quarantene, con distinzioni incomprensibili e inverificabili tra non vaccinati e vaccinati guariti, vaccinati con due dosi, vaccinati con booster, vaccinati da più o di meno di 120 giorni. Vorremmo capire perché sono state varate multe ridicole per i No Vax, che pur mettendo a repentaglio la salute pubblica se la caveranno con 100 euro, meno di quanto pagherebbero per una qualunque contravvenzione stradale: come ha detto giustamente Martina Benedetti, l’infermiera simbolo della prima ondata di coronavirus: vale così poco, la nostra vita?»

«Vorremmo capire perché, dopo due anni in trincea a combattere l’agente patogeno, siamo ancora costretti a stare in fila ore e ore per un tampone, senza neanche sapere più se l’antigienico serva a qualcosa o se invece valga solo il molecolare» incalza il direttore de La Stampa.

«Vorremmo capire perché i medici e gli infermieri sono di nuovo allo stremo: non abbiamo assunto nessuno, nel frattempo? Non abbiamo creato nuovi posti letto? Non abbiamo comprato nuovi macchinari, maschere d’ossigeno, caschi, Cipap? Vorremmo capire perché, dopo aver passato mesi a ridere dei banchi a rotelle targati Conte-Azzolina, sulla scuola siamo sempre all’anno zero, ma stavolta a parti invertite rispetto alla stagione passata, con il governo che vuole tenere aperte le aule e le Regioni che le vogliono chiudere».

«Per essere chiari: siamo felici che il ministro Bianchi ora difenda a spada tratta la didattica in presenza, perché due anni di Dad hanno devastato i nostri ragazzi, ma se da Zaia a De Luca tutti i governatori lanciano l’allarme-contagio tra gli studenti vuol dire forse che nei venti mesi trascorsi non è stato fatto nulla per mettere in sicurezza gli istituti scolastici, tra impianti di areazione, distanziamenti, mascherine? Vorremmo capire, infine, perché non siamo in grado di compiere una volta per tutte l’ultimo miglio, adottando subito l’obbligo vaccinale per tutti saltando a piedi pari l’ennesimo gradino degli over 50: lo chiedono ormai persino gli scienziati del Cts, cos’altro aspettiamo?».

«Potremmo continuare, ma per carità di patria ci fermiamo qui. Per tornare alla pedagogia quirinalizia: è tempo di costruttori, non di distruttori. Il governo va aiutato, non sabotato. Ma quello che ci aspetta in questo 2022 non è molto più agevole di quello che abbiamo alle spalle. Per questo Draghi, persino più di chi l’ha preceduto, ha il dovere della coerenza e della chiarezza. È al momento la risorsa migliore di cui l’Italia può disporre, come abbiamo detto e scritto più volte».

«Purché abbia la volontà personale e l’agibilità politica per esprimersi. Quanto valga questo “Fattore D”, rispetto alle emergenze del Paese, lo spiega con chiarezza il report di Goldman Sachs di cui ha scritto ieri Stefano Lepri. Con un quadro istituzionale invariato, l’Italia riuscirà a spendere almeno il 60 per cento dei 39 miliardi di aiuti a fondo perduto erogati dalla Ue con il Next Generation Eu. Con Draghi che trasloca da Palazzo Chigi al Colle, visti i tempi di formazione del nuovo esecutivo, la nostra capacità di spesa si riduce al 30 per cento. Con le elezioni anticipate, il “tiraggio” dei fondi europei crolla addirittura al di sotto del 15 per cento».

«E qualunque ritardo nell’attuazione del Pnrr, conseguente alle dimissioni del premier, ridurrebbe la spinta alla crescita del Pil dello 0,1 per cento nel 2022 e dello 0,35 nel 2023. Sono valutazioni spannometriche di una banca d’affari. Per inciso, quella nella quale Draghi è stato vice chairman e membro del comitato esecutivo tra il 2002 e il 2005. Ma hanno un fondamento reale, confermato dall’attenzione con la quale le cancellerie (vedi Emmanuel Macron negli ultimi giorni) e i mercati internazionali (vedi il rialzo dello spread nelle ultime settimane) seguono i destini del premier. E ci riportano alla domanda delle cento pistole, che la stessa Goldman Sachs ha riassunto con il titolo di una canzone famosa dei Clash: “Should I Stay or Should I Go?”, cioè “Dovrei restare o dovrei andare”?» chiosa Giannini.

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