Per approfondire gli aspetti su come si presenterà il nuovo mercato del lavoro dopo la pandemia, l’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia ha incontrato l’Avv. Giacinto Favalli, Managing Partner dello Studio LegaleTrifirò & Partners, realtà di primo piano nel panorama italiano del Diritto del Lavoro.
Come è la situazione attuale del mercato del lavoro e cosa si aspetta che succederà nei prossimi mesi?
“Le norme progressivamente varate per porre argine agli effetti della pandemia da Covid-19 non possono essere considerate come adeguate e sufficienti in una visione di medio e lungo periodo. Sul piano giuslavoristico le conseguenze più drammatiche della pandemia sono, infatti, oggi, quelle derivanti dalla riduzione delle attività economico-produttive, in particolare nei settori della ristorazione, del commercio e del turismo. Situazione che genera una enorme pressione sugli ammortizzatori sociali e, nel momento in cui verrà abrogato il divieto di licenziamento, certamente determinerà il problema della perdita di posti di lavoro, stante anche l’oggettiva e improcrastinabile necessità delle aziende di dar comunque corso a processi di riorganizzazione e ristrutturazione volti a tutelarne la concorrenzialità sul mercato nazionale e globale.
Secondo il Cnel, poi, se in generale l’epidemia ha peggiorato le condizioni del mercato del lavoro, i giovani e le donne hanno pagato il prezzo più alto della crisi.
Il blocco dei licenziamenti ha temporaneamente protetto i dipendenti a tempo indeterminato, ma non i titolari di contratti flessibili. Infatti, il numero degli occupati è sceso di oltre 400.000 unità, la gran parte dei quali titolari di contratti a termine scaduti e non rinnovati.
Lo scenario, insomma, si presenta come molto critico”.
Come si potrebbe favorire una ripresa dell’occupazione o un contenimento nella riduzione dei posti di lavoro?
“Il ventaglio di ipotesi per favorire una ripresa dell’occupazione o un contenimento della riduzione dei posti di lavoro dovrà essere, verosimilmente, ampio e richiederà misure efficaci e coordinate non solo a livello di razionale utilizzazione delle risorse legate al c.d. Recovery Plan, ma anche di rapporti sindacali. Infatti, non si tratterà più solo di vedere il diritto del lavoro in chiave assistenziale, per proteggere i lavoratori e le lavoratrici nei luoghi di lavoro e nell’esecuzione e cessazione del rapporto, ma occorrerà operare scelte capaci di sostenere l’economia e la domanda di lavoro, individuando, attraverso il dialogo sociale, soluzioni possibilmente condivise.
L’attuale crisi pandemica costituisce quindi una occasione per riflettere seriamente, tra l’altro, sulle politiche attive del lavoro, da troppi anni prive di efficacia, in una logica di reale sostegno sia dal lato della domanda che dell’offerta. Giocheranno qui sicuramente un ruolo centrale anche opere di supporto e sostegno finanziario, sgravi fiscali e tecniche di detassazione, che già sono state sperimentate, per esempio, per rilanciare il settore dell’edilizia.
In questa prospettiva, un contributo importante potrà anche venire dalle potenzialità di incremento dell’occupazione che derivano dalla crescente opera di tutela dell’ambiente e dell’assetto idro-geologico.
La stessa questione meridionale rappresenta una possibilità, essendo immaginabile sviluppare la capacità di attrarre investimenti produttivi nazionali e internazionali nel Sud Italia attraverso appropriate politiche economiche e, a mio avviso, su un piano più strettamente giuslavoristico, la revisione dell’uniformità retributiva oggi prevista dai CCNL, nonostante la presenza di un diverso costo della vita”.
Quali sono i macro temi del nuovo diritto del lavoro? Smart working, flessibilità…
“L’emergenza epidemiologica ha sicuramente accentuato l’attenzione ai problemi della sicurezza sui luoghi di lavoro e della flessibilità e evidenziato le potenzialità di alcuni istituti originariamente trascurati, se non addirittura visti con sospetto, come lo smart-working.
La nuova positiva valutazione dello smart-working dovrebbe portare con sé, più in generale, anche un ripensamento delle logiche tradizionalmente legate alla valutazione della prestazione lavorativa in chiave oraria verso un concetto di obbligazione di risultato.
La stessa collocazione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata dovrebbe essere oggetto di un ripensamento volto ad individuare, laddove possibile, una diversa articolazione dell’inizio e della fine della giornata lavorativa, ora consigliata dalle esigenze sanitarie e dalle connesse difficoltà relative all’utilizzo dei mezzi di trasporto, ma in prospettiva da quelle dello sviluppo sostenibile in relazione al tema dell’inquinamento”.