“Il discorso con cui ieri Ursula von der Leyen ha chiesto il voto dei parlamentari europei non è stato certo privo di ambizione”.
Lo scrive Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera citando von der Leyen: ‘I prossimi cinque anni – definiranno il posto dell’Europa nel mondo per i prossimi cinque decenni.
Decideranno se plasmare il nostro futuro o se lasciare che venga plasmato dagli eventi o dagli altri.
In un mondo di avversità e incertezza credo che l’Europa debba scegliere di restare unita e osare pensare e agire in grande.
Per essere all’altezza dell’eredità del nostro passato, per fare i conti con il presente e per preparare un’Unione più forte per il futuro’.
Ma come finanziare tutto questo?
La Banca centrale europea ha recentemente stimato che solo per la transizione verde, la digitalizzazione e il rafforzamento della sua difesa militare, l’Ue avrà bisogno di circa 5.400miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nel periodo 2025-2031, cioè quasi 800 miliardi all’anno di nuovi investimenti.
Questi – sottolinea l’editorialista – non includono i progetti per l’innovazione e la ricerca.
Il totale è quindi nell’ordine di 1.000 miliardi l’anno.
Se non vogliamo contare su un improbabile aumento del risparmio delle famiglie europee e non vogliamo tagliare consumi pubblici e privati, né investimenti già programmati sarà necessario attingere a risparmio dal resto del mondo.
Lo scorso anno l’Ue ha registrato un avanzo nella bilancia dei pagamenti, cioè ha destinato a investimenti all’estero, 330 miliardi di euro.
Non solo questi investimenti netti all’estero andranno azzerati, ma sostituiti con un ingresso in Ue di risparmio dal resto del mondo pari a quasi 700 miliardi l’anno.
Una cifra che influirà sui tassi di interesse nel mondo e rafforzerà il cambio euro-dollaro.
Questo a livello di equilibri internazionali.
Ma c’è poi il problema della ripartizione pubblico-privato: quanti di questi 1.000 miliardi l’anno potranno essere finanziati dal settore privato e quanti invece richiederanno un intervento degli Stati?
Io penso che il ruolo degli investimenti pubblici sarà essenziale, anche al di là della Difesa e della ricerca fondamentale.
È evidente – conclude – che questo programma richiede che venga ripetuta l’esperienza di finanziamento con debito europeo comune iniziata con il Next Generation Eu (cioè il nostro Pnrr)”.