Non è un problema delle donne: se lavora solo una donna su due e l’Italia è in coda alla classifica europea per occupazione femminile, “l’emergenza è del Paese e la denatalità è solo la conseguenza di non aver affrontato da decenni la questione con un welfare adeguato”, spiega Linda Laura Sabbadini, pioniera delle analisi statistiche di genere presso l’Istat, in un podcast pubblicato su ANSA.it.
“Non servono misure spot come i bonus”, afferma la statistica, ma un’azione di sistema su donne e giovani, servizi per l’infanzia (solo il 28% dei bambini va al nido), congedi parentali adeguati, assistenza ad anziani e disabili.
Ma occorrono, aggiunge Sabbadini, anche interventi contro gli stereotipi che ancora condizionano la vita delle donne fin da quando sono bambine, basti pensare ai libri di testo della primaria che ancora raccontano una donna anni Cinquanta.
Secondo l’Istat ci sono 10 milioni di occupate, quasi un milione in più in dieci anni.
Ma le disoccupate sono 900 mila e ben otto milioni le inattive, quelle che il lavoro non lo cercano proprio.
Grande poi il divario che resta tra Nord e Sud.
Anche la differenza con la media Ue a 27 è enorme.
In Germania il tasso di occupazione femminile è oltre il 70%, in Francia è al 68%.
Secondo dati di Openpolis, l’Italia è tredicesima in Europa per uguaglianza di genere, ben al di sotto di Francia e Spagna, ma sopra la Grecia.
Il nostro Paese, tuttavia, è quello che ha registrato il miglioramento più evidente dal 2013 (+14,9%).
La vita della donna è una corsa a ostacoli, dai primi anni di vita fino alla pensione.
Una bambina incontra stereotipi culturali che la allontanano anche dalla scelta successiva di facoltà scientifiche e quindi arriva nel mondo del lavoro con una professione tendenzialmente meno remunerata.
La maternità è lo spartiacque: segna uno spezzettamento della carriera, quando non la perdita del lavoro.
Quindi infila part-time involontari e contratti precari.
Il divario retributivo completa il quadro, insieme alla segregazione verticale: ovvero quel tetto di cristallo dei ruoli apicali al maschile, ricorda Azzurra Rinaldi, economista femminista, docente di economia politica all’università Unitelma Sapienza di Roma e direttrice della School of Gender Economics.
Tutto questo inciderà sulla pensione: secondo dati INPS il divario tra uomo e donna è del 40%.
Eppure ci sono studi, come uno della Federal Reserve Bank di St. Louis, che sfatano il tabù che la maternità sia associata a scarsa produttività, afferma Ella Marciello, studiosa di stereotipi di genere.