Dopo il blocco del 2019, il governo Draghi rimuove la moratoria sulle trivellazioni in Adriatico. Un passo molto atteso a Ravenna, dal cui porto passa più della metà del metano che si estrae in Italia. Ma non è comunque un atto che lascia soddisfatti: nella sostanza il provvedimento, per come è strutturato, non dovrebbe consentire un significativo aumento della produzione nazionale del gas, come invece da più parti auspicato per far fronte alla crisi energetica. Michele De Pascale, sindaco Pd, fresco di conferma per il secondo mandato, della vicenda ha sempre fatto una battaglia politica perché sulla questione energetica la città e il suo porto si giocano il futuro.
De Pascale ha seguito passo passo lo sblocco della moratoria decisa dal primo governo Conte. «Ma il Pitesai» spiega «è un provvedimento che è stato fatto per diminuire la produzione di gas, non per aumentarla. Cingolani ha fatto miracoli, ma l’impostazione di base rimane, ed è antistorica». Sviluppo economico e difesa dell’ambiente sono il crinale scivolosissimo sul quale si muove il sistema Ravenna che della diversificazione del portafoglio energetico vuol fare una bandiera: qui è in costruzione uno dei più importanti parchi eolici del Mediterraneo. Ma non basta: l’obiettivo è anche sfruttare il grande giacimento presente nell’Alto Adriatico, fra il Veneto e l’Abruzzo, che poi converge su Ravenna. dando lavoro a migliaia di persone.
Il settore è, in ogni caso, spesso al centro di aspri dibattiti, polemiche e contestazioni: in mattinata Legambiente, insieme a numerose altre sigle ambientaliste e comitati locali, ha manifestato davanti alla centrale di Casalborsetti, alle porte di Ravenna, per chiedere un deciso cambio di passo sulle fonti rinnovabili e per chiedere di smettere definitivamente di usare quelle fossili. A grandi linee, il fabbisogno di metano in Italia è di 70 miliardi di metri cubi l’anno, l’Italia attualmente ne produce quattro, nel 2021 ancora meno.
«Nei momenti di massima espansione» dice De Pascale «ne producevamo venti. Potremmo tranquillamente arrivare a otto con situazioni già identificate e nel pieno rispetto delle normative ambientali che impediscono di estrarre gas entro dodici miglia dalla costa. Può sembrare un aumento da poco, ma non lo è assolutamente: permetterebbe infatti di ridurre sensibilmente la quota di metano di cui l’Italia si approvvigiona al di fuori dei contratti a prezzo bloccato, ovvero quella che più incide sui rincari. E potrebbe cambiare molto anche il nostro rapporto con gli stati da cui dipendiamo, fra i quali spesso non si cita l’Egitto. Avessimo fatto un’altra scelta e fossimo andati avanti con le estrazioni oggi la situazione per il nostro paese sarebbe molto diversa».
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