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Sergio De Nardis (economista): «La Nadef targata Meloni-Giorgetti è in continuità con l’eredità di Draghi»

Il governo Meloni sta seguendo il percorso già tracciato da Draghi in materia economica. A evidenziarlo è l’economista Sergio De Nardis. «Fatto tesoro dell’eredità Draghi e intascato l’ulteriore inatteso beneficio del Pil del III trimestre (aumentato dello 0,5%), il nuovo governo definisce la sua Nota di aggiornamento del Def (Nadef) nel segno della continuità col precedente esecutivo. Ha innanzitutto rielaborato il quadro macroeconomico tendenziale (senza manovra) per tenere conto degli ultimi sviluppi. La crescita del Pil reale è stimata al 3,7% quest’anno (3,3% previsto a settembre) e allo 0,3% l’anno prossimo (da 0,6). Un’evoluzione che sconta una contenuta recessione tecnica (2 trimestri) a fine 2022 e inizio 2023».

«Il dimezzamento, rispetto alle stime di settembre, del tasso di crescita tendenziale nel 2023 non si riflette sul Pil nominale che risulta anzi leggermente più elevato di quanto si attendeva un mese fa, grazie soprattutto alla previsione di una maggiore inflazione. Poiché ciò che conta per la finanza pubblica è il Pil nominale, il peggioramento della congiuntura (quasi-stagnazione del Pil reale) non si ripercuote sui saldi della PA a legislazione vigente: l’inflazione aiuta ancora i conti pubblici (lo si era già osservato per la Nadef di settembre) più che compensando gli effetti delle tendenze recessive. Su questa base il duo Meloni-Giorgetti imposta il quadro programmatico mettendo in campo una manovra espansiva in deficit in linea con quella che avrebbe probabilmente adottato il duo Draghi-Franco negli obiettivi di breve termine e, forse, anche nella dimensione», scrive sul magazine online InPiù.net.

«Per la dimensione, in quel che resta del 2022 si spendono 9 miliardi in disavanzo (0,5 punti di Pil), mantenendo comunque quest’ultimo nel limite del 5,6% del Pil stabilito nel Def di aprile. Nel 2023, la manovra in deficit ammonta a circa 21 miliardi (1,1 punti) portando il disavanzo al 4,5%, in discesa rispetto al 2022. Per quel che concerne gli obiettivi del maggior deficit, le misure sono volte ad alleviare il caro energia per imprese e famiglie. Si prosegue dunque lungo la strada degli aiuti che non piace a molti, ma che si è dimostrata efficace nel puntellare l’economia in occasione sia della pandemia che dello shock energetico, contribuendo in questo caso a tenere a bada la spirale prezzi-salari. Vi è cautela anche nella stima dell’impatto espansivo della manovra: aggiunge 0,3 punti alla crescita del 2023, portandola così nello scenario programmatico allo 0,6%».

«Una Nadef quindi prudente che dovrebbe per un po’ acquietare, nel contesto finanziario divenuto più complicato, gli investitori nel debito italiano, il cui profilo in rapporto al Pil si conferma in calo. È, tuttavia, una previsione soggetta a rischi: la recessione incombente potrebbe essere più forte di quella messa in conto. Inoltre, il tono per così dire asettico della manovra in deficit sfuma nelle ulteriori (limitate) misure soggette a copertura finanziaria previste per il 2023 (6-7 miliardi che si aggiungono ai 21 in deficit) e (ancor più) nella prospettiva futura quando prendono a definirsi i paletti di una ricomposizione del bilancio pubblico più in linea con le priorità del nuovo governo: minori esborsi per il reddito di cittadinanza, condoni, estensione della flat tax, trasferimenti per pensioni, oltre che la sempreverde spending review ministeriale». 

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