Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Dario Franceschini (Ministro della Cultura): «Nel nuovo Dpcm salve le deroghe per lo spettacolo»

“Non esiste il rischio di ridurre il limite di 200 spettatori al chiuso e di 1000 all’aperto per gli spettacoli”. Arriva in tarda mattinata, dal ministro della  cultura Franceschini che risponde all’ANSA, la rassicurazione del governo al mondo dello spettacolo in angoscia.

Il dpcm che si sta ultimando in queste ore, annuncia il ministro Pd, non  conterrà nuove limitazioni per il mondo dello spettacolo già così provato dalla pandemia e dalla crisi economica che ne è seguita. Le limitazioni rimarranno le stesse, sottolinea Franceschini, e “verranno fatte salve le deroghe concesse dalle  regioni”, che quasi in tutta Italia hanno lasciato che si  portasse fino a 500 il numero dei posti occupabili al chiuso,  nel caso di sale molto grandi.    

Un sospiro di sollievo per direttori di cinema e teatri e per i lavoratori, già pronti a scendere in piazza. “Dal ministro Franceschini una posizione di buon senso, ci siamo sentiti difesi”, commenta a caldo Carlo Fontana, presidente dell’Agis, l’associazione generale dello spettacolo, che proprio due giorni  fa, insieme ai reiterati appelli, aveva diffuso un rapporto con  i dati, bassissimi, dei contagi avvenuti in cinema e teatri.    

Di fatto una battaglia vinta e un principio affermato, perché lo stop ai nuovi limiti, ottenuto a dispetto dell’incalzare del  virus, ragiona Fontana, significa che “i luoghi dello spettacolo sono sicuri e che in questi mesi abbiamo fatto un buon lavoro”, ma anche “che è stata stabilita la centralità della cultura e  dello spettacolo, attività fondamentali per lo spirito e non solo”.

E ad applaudire è anche Mario Lorini, presidente degli esercenti cinema Anec, che batte anche lui sul tasto della sicurezza: “E’ una conferma che il lavoro fino a qui è andato bene”, dice, “e anche che lo Stato c’è, ha investito su di noi, ha a cuore il nostro settore”. Sebbene la situazione, a dispetto  delle ulteriori risorse stanziate – 20 milioni per il cinema  arrivati dal Mibact solo pochi giorni fa – rimanga gravissima, con i cinema vuoti (nel week end il Cinetel ha registrato una flessione degli incassi del 77 per cento rispetto a un anno fa) e i film che non escono, ultimo il blockbuster della Disney, Soul, che la major ha dirottato sulla piattaforma e uscirà a Natale su Disney+.     

Tant’è, il prossimo passo, annuncia Fontana, dovrà essere “una grande campagna di comunicazione per convincere gli italiani a tornare nelle sale”. Intanto però se il cinema piange, così come la prosa, sono i teatri dell’opera a vivere la situazione più difficile, in pratica sull’orlo del collasso. Con i conti devastati dall’incertezza (quest’anno per la prima  volta il Teatro alla Scala fara’ solo abbonamenti trimestrali) e non solo.

Francesco Giambrone, soprintendente del Massimo di  Palermo e appassionato presidente dell’Anfols, l’associazione  che raccoglie le 14 fondazioni liriche italiane, allarga le  braccia sconsolato: “Siamo contenti anche noi che la capienza  delle sale non verrà toccata, anzi contentissimi, solo che  purtroppo per noi non basta. Da quando abbiamo riaperto la  nostra e’ una condizione di non sostenibilità, anche 500  spettatori per noi sono purtroppo troppo pochi, non ce la  facciamo più”. I dati, spiega, sono più che allarmanti: “Oggi nessun teatro lirico italiano è in condizioni di presentare un  bilancio di previsione 2021 né quindi di annunciare una  stagione, abbiamo bisogno di risorse”.

Questo perché i templi italiani della lirica, così amati e invidiati all’estero,  sottolinea il manager siciliano, sono di per sé “macchine complesse e costose, abituate a muoversi su grandi numeri”.  Dalla Scala all’Arena di Verona, dall’Opera di Roma al San Carlo  di Napoli, gli spettacoli d’opera sono impegnativi e pensati per  un pubblico grande. Anche con gli attuali 500 posti, per chi ha potuto godere della deroga regionale il pubblico è ridotto ad un  terzo “e così i ricavi”.

Non è un caso, sottolinea Giambrone, che “i grandi teatri del mondo, il Met e il Covent Garden, per esempio, al momento siano chiusi. In Italia noi siamo sorretti  dalla mano pubblica e questo ci ha permesso di ripartire. Ma se è vero che nessun teatro può sopravvivere solo con il  botteghino, è vero anche che è impossibile sostenersi senza i ricavi dei biglietti o con introiti così ridotti”. Da qui  l’appello per il teatro: “Noi ci siamo, i teatri italiani hanno  tutta la voglia di andare avanti con la sicurezza che hanno  garantito fino ad oggi a spettatori e dipendenti. Ma abbiamo bisogno di aiuto. Così, davvero, non ce la si fa”.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.