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Dai tassi al green: l’Europa risponda | L’analisi di Giuseppe Vega

Giorni frenetici, questi, a Bruxelles, commenta sul Messaggero Giuseppe Vegas.

Dopo le elezioni, è la ripartizione delle cariche europee e la definizione della futura maggioranza di governo dell’Unione a tenere accesa l’attenzione di tutti.

Ci sono forze politiche che hanno vinto in patria, ma non a Bruxelles, ed altre che stanno vincendo a Bruxelles ma non hanno avuto gli stessi consensi a livello nazionale.

Malgrado questo paradosso, a ratificare la singolare situazione è intervenuta in settimana l’intesa di massima sulle tre nomine apicali.

Sorge spontanea una semplice osservazione.

Nella ordinaria vita democratica si svolgono elezioni, si verifica il peso di ciascuna forza politica, si suggellano le maggioranze di governo e poi si nominano il primo ministro e gli altri ministri.

In questo caso sta accadendo esattamente il contrario.

L’Unione, se così procederanno le cose, si presenta debole.

Viene poi da domandarsi se un simile approccio renderà possibile o meno apportare correzioni alle politiche adottate nel passato.

Infatti, se la vecchia maggioranza ha il vantaggio di una maggiore esperienza nella gestione dei problemi, risulta tuttavia la meno adatta a cambiare l’indirizzo di scelte da lei stessa adottate.

Tipico esempio potrebbe essere quello del livello dei tassi di interesse.

Indubbiamente si tratta di una politica la cui responsabilità è affidata direttamente alla Banca Centrale Europea, ma che non è assolutamente neutrale rispetto alle grandi scelte dell’Unione.

Guardando poi all’unificazione dei mercati finanziari, non si può non ricordare che è rimasta ferma, esattamente da dieci anni, da quando è stato delineato il progetto della Capital Markets Union.

Da ultimo, ma non per ultimo, giganteggia l’immane problema delle misure in campo ambientale.

Se, come è ovvio, la salvaguardia dell’ambiente costituisce tema politico irrinunciabile, d’altra parte non si possono far finta di ignorare le pesanti conseguenze che la parte più debole della popolazione è destinata a subire.

Ciò vale in primo luogo per l’agricoltura, ma anche per l’adeguamento degli immobili e per l’automotive.

Orbene, è difficilmente immaginabile che chi ha distrutto l’industria automobilistica europea e ne ha riorientato il corso degli investimenti ammetta oggi di aver sbagliato o sia in grado di proporre soluzioni alternative.

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