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Carlo Cottarelli (economista): «L’Italia sta ripartendo, il Recovery Plan servirà a finanziare la crescita»

«La domanda è una: cosa serve perché l’Italia sfrutti l’occasione data dal Recovery plan? Per rispondere è bene chiarire alcune cose». Lo scrive Carlo Cottarelli su Repubblica in un editoriale in cui elenca ciò che, a suo parere, servirebbe al nostro Paese.

«Primo, il Recovery Plan ha poco a che fare con l’uscita dalla crisi. Sperando che non ci siano sorprese sanitarie, l’economia italiana sta già uscendo dalla crisi. Questo avviene con il sostegno di politiche di bilancio molto espansive (forse anche un po’ troppo, visto il rimbalzo dei prezzi?) finanziate più con le risorse della Bce che con finanziamenti dell’Unione Europea».

«Il Recovery Plan serve invece a finanziare la crescita di medio periodo, serve a facilitare le riforme e gli investimenti che il nostro Paese deve realizzare per portare la crescita del Pil almeno al 2 per cento l’anno per i prossimi dieci anni (nei dieci anni pre-Covid abbiamo fatto lo 0,2 per cento)».

«Secondo, scordiamoci che l’implementazione di quelle riforme e di quegli investimenti siano garantiti soltanto perché abbiamo firmato un “contratto” con l’Unione Europea. Certo, il contratto prevede che le risorse arrivino solo se facciamo certe cose. Il Recovery Plan è pieno di “condizioni” (nella versione mandata a Bruxelles a fine aprile erano 419 tra milestone e target)».

«Tuttavia, molte di queste condizioni, soprattutto quelle relative alle riforme, sono formulate in modo relativamente vago: l’unico modo per eliminare la vaghezza relativa a, per esempio, una riforma della giustizia sarebbe quella di concordare con la Commissione il relativo testo di legge, cosa ovviamente impossibile».

«Ma se le condizioni restano vaghe, il giudizio sull’erogazione delle risorse sarà altamente soggettivo e, quindi, politico. Questo significa che spetterà soprattutto a noi decidere se le riforme le vogliamo fare davvero e non in modo puramente formale. E, allora, la domanda fondamentale che ci dobbiamo porre è quali siano le condizioni migliori per realizzare tali riforme. Inutile dire che le riforme dovranno essere ben fatte, che gli investimenti dovranno essere produttivi, che occorre semplificare, digitalizzare eccetera». «Il nostro Recovery Plan non è certo perfetto ma la strategia è quella giusta e riforme e investimenti, pur migliorabili, vanno nella direzione giusta. La questione principale è l’implementazione, l’execution» e per far questo nel migliore dei modi, conclude, «sarebbe preferibile Draghi a palazzo Chigi fino al 2023».

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