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Carlo Cottarelli (economista): «Enti locali: faranno in tempo a gestire il Pnrr?»

Gli enti locali gestiscono un terzo delle risorse fornite dal Pnrr. Il rischio, però, è che non si faccia in tempo. Ad affermarlo è l’economista Carlo Cottarelli, che dice «i rinnovati timori causati dalla variante Omicron, con le loro inevitabili ripercussione economiche (vedi mercato azionario), non ci possono far dimenticare altre fondamentali questioni per l’andamento di lungo periodo dell’economia italiana. Tra queste resta ai primi posti il tema dell’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (Pnrr)».

«Una delle incognite principali riguarda il ruolo che gli enti territoriali (regioni, provincie, comuni, città metropolitane) avranno nella realizzazione del Piano, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli ingenti investimenti previsti per rafforzare la capacità produttiva del nostro paese. Persistono dubbi sulla capacità che questi enti, o una parte di loro, possano rispettare le scadenze previste dal Pnrr. Quanto dobbiamo preoccuparci?» scrive su Repubblica.

«Per rispondere occorre chiarire alcuni aspetti del Pnrr. Le risorse disponibili (quasi 200 miliardi) verranno erogate da qui al 2026 via via che certi risultati saranno ottenuti: ci sono 527 condizioni che l’Italia dovrà rispettare. Queste condizioni sono divise tra “traguardi” (milestones) e “obiettivi” (targets). Le prime sono di tipo qualitativo (per esempio approvare una riforma con certe caratteristiche); le seconde sono di tipo quantitativo e riguardano soprattutto i risultati della spesa finanziata dalle risorse europee (per esempio rendere disponibili un certo numero di posti di asili nido entro una certa data)».

«Fortunatamente, le scadenze relative agli obiettivi sono ritardate nel tempo. Per esempio, nel 2021, su 51 condizioni, solo 2 sono obiettivi, e nel 2022 su 100 condizioni solo 17 sono obiettivi. È solo dal 2023 che il raggiungimento degli obiettivi diventa più rilevante. Questo, nell’immediato, ci fa stare un po’ più tranquilli. Le eventuali difficoltà degli enti territoriali nello spendere le risorse non avranno un impatto immediato sull’erogazione di fondi europei. Ciò detto, il problema è solo rimandato. Inoltre, per rispettare certe scadenze di realizzazione degli investimenti a medio termine, occorre iniziare i lavori senza ritardi, visti i tempi che sono comunque richiesti dalla spesa pubblica anche nella migliore delle ipotesi».

«Quante risorse saranno gestite dagli enti territoriali? Tante. Sessantasei miliardi, un terzo del totale. Serviranno per investimenti nella scuola e università (più asili nido e scuole dell’infanzia), trasporto pubblico locale, sanità, rigenerazione urbana, gestione dei rifiuti, eccetera. Gli enti territoriali dovranno anche partecipare alla digitalizzazione di tutta la pubblica amministrazione, anche questo un obiettivo fondamentale per l’Italia».

«Le risorse però non saranno ricevute direttamente dagli enti territoriali. Questi dovranno presentare dei progetti ai ministeri competenti (cui sono già state assegnate le risorse in agosto), per poi diventare responsabili dell’affidamento dei lavori, della loro esecuzione, del collaudo e della rendicontazione delle spese. Saranno in grado gli enti territoriali di fare tutto questo? Il problema è che quando si parla di “enti territoriali” non si parla di entità omogenee. Ci sono enti più efficienti e enti meno efficienti. A ciò si aggiunge il fatto che, senza generalizzare perché è sempre sbagliato, la minore efficienza è concentrata in alcune aree del Paese», prosegue.

«Ha attratto parecchia attenzione il fatto che la Regione Sicilia si sia vista rigettare di recente, per mancato rispetto dei requisiti del bando, 31 progetti di irrigazione presentati al Ministero dell’Agricoltura su 31 presentati. Sempre per lo stesso bando le altre regioni del Sud hanno fatto meglio, ma hanno comunque avuto una percentuale di progetti rigettati superiore a quella delle regioni del Nord. In generale, la banca dati sugli investimenti regionali ci dice che, nel 2020, il numero di opere incompiute per regione era di 40 nel Sud (comprese le isole), contro 16 al Centro e 8 al Nord. Punte particolarmente elevate si osservavano per la Sicilia (133) e la Sardegna (53), ma anche senza queste regioni la media del Sud restava elevata (19), più del doppio di quella del Nord».

«Il problema, quindi, non può essere sottovalutato, anche perché le aree che possono avere difficoltà a gestire le risorse del Pnrr sono proprio quelle che hanno più bisogno di investimenti pubblici. Il Pnrr deve infatti diventare uno strumento essenziale per risolvere uno dei nodi principali della nostra economia, ossia il diverso livello di produttività e reddito tra le varie aree del Paese. Ma non dobbiamo dimenticare che problemi di realizzazione degli investimenti esistono ovunque (la Lombardia aveva 24 opere incompiute sempre nel 2020) e anche a livello comunale sappiamo che esistono grosse differenze all’interno delle macroaree».

«Cosa è necessario fare? Nel medio periodo occorre rafforzare le capacità di gestione in tutti gli enti territoriali. Il Pnrr prevede di andare in questa direzione con assunzioni mirate di personale qualificato. Sarà però essenziale fare in modo che il personale qualificato che viene assunto abbia la possibilità di operare al di fuori delle logiche clientelari che spesso hanno caratterizzato gli enti territoriali meno efficienti. In ogni caso occorrerà tempo perché le nuove forze possano fare una differenza. Occorre nel frattempo rendere disponibili forme centralizzate di assistenza tecnica agli enti territoriali che hanno difficoltà a gestire i fondi».

«Il governo ha indicato che potrebbero svolgere questo ruolo la Cassa Depositi e Prestiti e le aziende a partecipazione statale, ma non è chiaro in che forma questa attività si verrebbe a concretizzare, per esempio in termini di risorse e di modalità di interazione. Anche la Commissione Europea potrebbe fornire supporto tecnico per facilitare gli investimenti degli enti territoriali, nell’ambito del più generale supporto già richiesto dall’Italia all’implementazione del Pnrr. Sarà infine necessario che il governo intervenga prontamente con i poteri sostitutivi già previsti per gli investimenti del Pnrr nel caso di ritardi significativi nella realizzazione dei progetti». 

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