L’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, celebratasi venerdì 19 febbraio, ha emblematicamente rappresentato il primo appuntamento del Presidente Draghi all’indomani della fiducia ottenuta dal Parlamento con amplissima maggioranza.
Nel suo intervento il Presidente del Consiglio si è soffermato sul ruolo fondamentale della Pubblica amministrazione nel processo di ripartenza, ponendo in luce, da un lato, l’eccessiva responsabilizzazione di cui sono stati gravati nel passato i funzionari, a causa di colpe e lacune di natura ordinamentale.
Dall’altro lato, l’intervento ha significativamente insistito sull’avvio di un processo di implementazione dell’efficienza dell’azione amministrativa, avente, quale momento fondante, la delicata, quanto complessa, attività di formazione dei pubblici funzionari.
Formare e riqualificare le persone, selezionando le migliori competenze è l’obiettivo – di certo non privo di ambizione – che il nuovo Governo intende perseguire al fine di assecondare il fondamentale diritto dei cittadini a una PA efficiente.
Un’efficienza che va necessariamente declinata in termini di qualità e di rapidità dei servizi erogati.
Il ponderoso e recente Rapporto SNA 2017-2020 contiene al riguardo significativi elementi di riflessione, che in primo luogo si possono trarre dall’articolata introduzione.
Val la pena indugiare sulla denunciata sindrome di subalternità, di cui sono sovente vittime i pubblici funzionari, e ciò sotto plurimi piani.
In primo luogo, nei confronti della politica, ben oltre il doveroso rispetto dell’indirizzo politico.
Una riforma amministrativa non può essere necessariamente ancorata a una legge, né l’assenza di una regolamentazione normativa può costituire il pretesto per rimanere inerti rispetto alle necessità di cambiamento e di innovazione.
Riforme efficaci possono provenire dall’interno, con modalità maggiormente concrete e virtuose rispetto a quanto le leggi sovente sappiano fare.
Puntare sulla responsabilizzazione di ognuno, a partire dalle figure apicali, attraverso la mappatura ragionata degli obiettivi da conseguire, nonché mediante l’identificazione delle persone chiamate a realizzarli, individuando i relativi sistemi di misurazione; procedere alla digitalizzazione di una procedura; concepire e puntare sulle competenze professionali del futuro.
Sono tutti risultati il cui conseguimento può avvenire dall’interno, senza necessità che si inneschi un processo di regolamentazione normativa.
Il rapporto SNA evoca un ulteriore, per certi versi inquietante, piano di subalternità, quello nei confronti dei giudici, esortando a non trincerarsi dietro una visione che attribuisca al pubblico funzionario il ruolo di mero esecutore di regole giuridiche, condizionato dal timore di incorrere nelle maglie della responsabilità. Il rischio dell’ossequio a un legalismo formale, che si traduca in una corsa ad ostacoli sfibrante e improduttiva, è immanente. Unicuique suum: al pubblico funzionario si richiede capacità di realizzazione delle politiche pubbliche, mediante l’adozione di una prospettiva idonea ad esprimere visione e integrazione delle dinamiche del sistema Paese.
La pubblica amministrazione dovrà dunque dimostrare, in questo delicato momento epocale, di saper assumere il ruolo di artefice del proprio cambiamento, trasformandosi da oggetto di regolamentazione a soggetto protagonista attivo.
A tal fine, la formazione assumerà un rilievo fondamentale.
Una formazione, val la pena precisarlo, che non può essere limitata ai profili prettamente tecnici, ma richiederà che venga incanalata lungo percorsi culturali idonei a far comprendere appieno in cosa consista l’idea di funzione, la quale evoca un soggetto che si pone in posizione servente rispetto alla cura di interessi altrui.
Essa è portatrice di una nobiltà di valori che occorre recuperare ad ogni costo: lealtà collaborativa, equilibrio, competenza, ponderazione tempestiva, cancellazione di personalismi e interessi particolari, sono solo alcuni dei concetti idonei ad esprimerla fattivamente.
Questo nell’immediato.
Si può e si deve pensare anche in una prospettiva futura di più ampio respiro, al fine di implementare la diffusione della cultura dell’efficiente gestione delle risorse pubbliche, che sappia altresì ispirarsi a un canone di omogenea allocazione nei diversi contesti territoriali.
Riprendo qui lo spunto di un’illuminata esponente delle Istituzioni, per la quale sarebbe bello vedere l’Italia riunita sotto una vera e nuova alta scuola capace di convogliare tutti quei ragazzi i quali, al termine del percorso degli studi superiori, rappresentino l’eccellenza a livello nazionale.
Investendo nella formazione di elevata gamma dei più giovani – i quali si vedranno così responsabilizzati al cospetto di un nuovo progetto italiano – tra qualche lustro i risultati saranno conseguenziali.